Nefandezze della critica militante
"Le avanguardie artistiche del Novecento" di Mario De Micheli
E' incredibile quanti pregiudizi abbia dovuto subire il movimento futurista in tanti decenni di studi, analisi e critica.
Non si comprende bene se dietro certi giudizi ci sia la mediocrità dello studioso o evidente malafede. Io propendo per la seconda ipotesi, che rivela implacabilmente la povertà dell'uomo, ma compromette anche la serietà e l'affidabilità dello studioso.
Certo è che non rendersi conto dell'importanza assolutamente fondamentale del futurismo per la storia dell'arte, della società e del costume italiano del Novecento significa operare in maniera dilettantesca.
Il testo di cui oggi voglio parlarvi è "Le avanguardie artistiche del Novecento" di Mario De Micheli.
Nel testo citato lo studioso si propone di chiarire la genesi e le principali caratteristiche dei movimenti d'avanguardia della prima metà del Novecento (le cosiddette avanguardie storiche).
Dopo tre capitoli introduttivi, dedica un capitolo ad ogni movimento. Già il titolo dei singoli capitoli fa sorridere (o indignare, dipende dagli stati d'animo).
4 La protesta dell'espressionismo
5 La negazione dadaista
6 Sogno e realtà nel surrealismo
7 La lezione cubista
8 Contraddizioni del futurismo
9 La regola dell'astrattismo
Ora davvero qui forse non è neppure il caso di perdere troppo tempo. L'autore ha scelto per ogni movimento un termine che potesse caratterizzarlo. Solo per il futurismo ha usato un termine negativo. Lo scopo propagandistico si può dire raggiunto. Ma uno studioso serio può mai prendere sul serio tanta faziosità? Io personalmente mi sono limitato a sorridere divertito.
L'indignazione è subentrata leggendo il capitoletto dedicato al futurismo. Un concentrato di superficialità, vaghezza, qualunquismo e retorica antifascista della peggior specie.
Ma ci siamo abituati. Ne abbiamo letti a dozzine di libri del genere.

Vi riporto qualche brano, giusto per darvi l'idea delle posizioni di De Micheli.
"Purtroppo l'anarchismo, il sorelismo e il socialismo non erano le uniche componenti ideologiche del futurismo. Altre ve n'erano, che finirono con l'avere il sopravvento, avviando il movimento verso un esito negativo."
De Micheli prima si rammarica ("purtroppo") che il futurismo non fosse soltanto socialista e anarchico, poi arriva a sostenere che il movimento ebbe un esito negativo. Sì, miei cari lettori, il futurismo condizionò, nonostante questi benpensanti, gran parte dell'arte e del costume del Novecento (con una spinta non ancora esaurita), dalla pittura alla musica, per non parlare della poesia, dell'architettura, della tipografia, della moda, del teatro e del design. Ma questo non basta al nostro critico: per lui il futurismo ebbe un esito negativo.
Sorridiamo, non è il caso di prendersela. Era il 1966 quando scriveva queste cose (ma la sua nota per la ventesima edizione porta la data del 1988, quindi non ci sono troppe scusanti).
Leggete ora più in basso.
"Per fortuna altri intellettuali vedevano e comprendevano, e avrebbero ricavato, più tardi, da quella lezione, gli insegnamenti necessari: intellettuali diciamo come Gobetti o come Gramsci."
Qui ormai De Micheli dimentica che sta scrivendo di arte. Parla da uomo di parte, emettendo giudizi evidentemente di parte ("per fortuna").
Ancora, dopo aver parlato dei rapporti tra futurismo e fascismo.
"Mentre altrove le avanguardie si erano sviluppate nell'opposizione, in Italia il futurismo si era dunque identificato con l'aspetto più nero della reazione sino a restarne soffocato. Il furore nazionalista gli aveva tolto ogni giudizio".
Eccolo che esce allo scoperto, finalmente. Ecco l'altro peccato capitale del futurismo: essersi confuso col fascismo.
De Micheli giudica i movimenti artistici seguendo criteri politici. Il futurismo fu nazionalista e si confuse con il fascismo. Per questo ebbe esito negativo e perse ogni giudizio.
Ma il meglio di sè il nostro critico lo dà nella seconda parte del capitolo. Sì, perchè si trova di fronte al problema Boccioni. Ora noi sappiamo che di fronte alla figura di Boccioni tutti i denigratori del futurismo vanno in crisi. L'evidenza dei risultati artistici di Umberto Boccioni è talmente schiacchiante che De Micheli è costretto a parlarne in toni positivi. Ma come? Un futurista che è un grande artista? Dopo tutto quello che ha detto sul futurismo sarebbe una contraddizione. E allora se la cava sostenendo che Boccioni fu un caso isolato, un parto accidentale del futurismo.
"L'ottimismo di Boccioni non era qualcosa di ottusamente euforico o d'incosciente come l'ottimismo degli altri futuristi".
La realtà è un'altra. Noi sappiamo benissimo che Boccioni fu il più futurista di tutti i futuristi. Nelle sue opere c'è un'applicazione fedelissima dei principali elementi del movimento: dinamismo e simultaneità su tutti.
Insomma, De Micheli appare totalmente fuori strada.
Va detto che non manca un suo passo particolarmente efficace, quando individua l'errore del futurismo nell'aver idolatrato la macchina, non comprendendo i danni che l'uomo avrebbe potuto subire da questo atteggiamento.
"Lo sbaglio profondo del futurismo fu di non considerare la sorte dell'uomo nell'ingranaggio di quest'era meccanica. Solo Boccioni e inizialmente Carrà si resero conto del problema. Ma la direzione generale del movimento fu un'altra, fu quella di identificare i termini del progresso tecnico con quelli del progresso umano, quella di considerare quindi l'uomo e la tecnica sullo stesso piano, tutto a scapito dell'uomo".
E' inutile sottolineare che questo è anche uno dei punti di rinnovamento del Neofuturismo rispetto al futurismo del Novecento. Non per niente parliamo da tempo di un NeoFuturismo che dovrà essere affiancato necessariamente da un NeoUmanesimo.
Ma torniamo al nostro testo e torniamo proprio a Boccioni.
Perchè De Micheli non ha ancora esaurito il suo campionario di svarioni. Anzi, fate attenzione perchè quello che ora leggerete ha dell'incredibile. Preparatevi. Non sto inventando nulla. De Micheli non lascia nulla al caso, tutta la sua argomentazione è subdolamente ma perfettamente congegnata.
Insomma, il nostro critico è arrivato ad un punto fermo: Boccioni è l'unico grande artista futurista. Ma c'è anche qui una spiegazione. Quale? Non immaginate? Leggete e non meravigliatevi. Io non mi meraviglio più di nulla.
"In un libro di ricordi Libero Altomare, raccontando di un suo incontro milanese con Boccioni a quell'epoca, afferma tra l'altro: "Boccioni simpatizzava col di lui programma, pur serbando in politica le proprie convinzioni marxiste".
Eccoci qua. I futuristi non valgono nulla perchè sono nazionalisti e fascisti. Boccioni soltanto è un verso artista. Perchè Boccioni... è marxista!
Io credo che non ci sia molto da aggiungere.
Anzi, concludiamo con le parole di De Micheli, perchè una farsa riuscita ha sempre una conclusione all'altezza. Ecco come termina il capitolo.
"Questo fatto, pure nel giusto rifiuto critico del futurismo in tutte le sue manifestazioni d'isterismo nazionalistico e di fragorosa superficialità, deve essere sottolineato. Tra l'altro sappiamo che non solo il futurismo degenerò... La nuova avanguardia ormai, in Italia, dopo la prima guerra mondiale, sarebbe nata solo verso il '30, dagli intellettuali e dagli artisti dell'opposizione antifascista."
Benissimo, l'illustre De Micheli ci ha chiarito per bene le idee. Gli artisti e gli avanguardisti sono marxisti e antifascisti. Gli altri non esistono. Anzi no. Servono solo per far risaltare ancor di più la nobiltà e la grandezza dei primi.
De Micheli, che finezza di analisi!
Mai letto nulla di tanto profondo in 32 anni.
Per curiosità vado a cercare notizie sull'autore e scopro che si tratta del solito critico cresciuto col mito dell'antifascismo, per di più collaboratore dell'Unità.
Ma a questo anche siamo abituati.
ad futurum
Antonio S.
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