LIBERI DALLA FORMA

IL PRIMO BLOG NET-FUTURISTA

martedì, giugno 26, 2007

L'Uomo a mille dimensioni

Dalla grigia palude del conformismo planetario nascerà presto e si moltiplicherà ovunque con incrementi veementi ed esponenziali l'Uomo a mille dimensioni, fine ultimo della rivoluzione neofuturista.
Antonio Saccoccio

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giovedì, giugno 21, 2007

Sintesi Neofuturista della Scuola (2007)



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martedì, giugno 19, 2007

Futurismo e NeoFuturismo contro pessimismo e nichilismo

"Non saremo mai dei profeti pessimisti, annunziatori del gran Nulla. Il nostro futurismo pratico e fattivo prepara un Domani dominato da noi".
F. T. Marinetti (in Guerra sola igiene del mondo, 1915)
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"Con questo Manifesto vogliamo esaltare la nostra fiducia nelle possibilità dell’uomo. Le potenzialità dell’uomo sono infinite. [...] Rigeneriamo le nostre vite e creeremo un uomo nuovo per il nuovo millennio"
Manifesto del Neofuturismo, 2007

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sabato, giugno 16, 2007

Movimento Zero e Neofuturismo: destra e sinistra sono morte

Sabato scorso è stata scritta l’ennesima tristissima pagina nella vita politica del nostro paese.

I simpatizzanti di Movimento Zero, il movimento creato sulla base del pensiero di Massimo Fini, si sono recati a Piazza del Popolo per manifestare contro la politica del presidente degli USA Bush e per il diritto all'autodeterminazione dei popoli. Qui alcuni militanti appartenenti ai partiti di estrema sinistra (Prc, PdCi e Verdi) sono insorti, protestando e sostenendo che Movimento Zero è un movimento “fascista” (sic). È quindi intervenuta la polizia che ha impedito allo stesso Massimo Fini e ai suoi simpatizzanti di manifestare. In piazza erano presenti anche parlamentari dei partiti comunisti di governo, che hanno ben visto quanto stava accadendo.
Fin qui la cronaca.
Ora cerchiamo di capire cosa è successo e cosa sta accadendo in Italia.
C’è un nuovo movimento, Movimento Zero, nato da poco più di un anno, che è evidentemente fuori dalle vecchie logiche partitocratiche. Non ha rappresentanti in parlamento e non ha una precisa collocazione nella geografia politica italiana. È un movimento prima di tutto culturale. E solo in seconda battuta politico. Basta leggere il manifesto del gruppo, il Manifesto dell’Anti-modernità, per comprendere che il movimento non è né di destra né di sinistra. I punti 2 e 3 del Manifesto dichiarano in maniera chiarissima il fallimento tanto delle logiche capitaliste quanto di quelle marxiste, “due facce della stessa medaglia, l’industrialismo”. Ora definire “fascisti” i simpatizzanti di Movimento Zero è risibile, ma anche inquietante e segno di quanta miseria intellettuale ci sia nel nostro paese.
Come sostiene, con il solito acume, Carlo Gambescia, Movimento Zero ha compreso chiaramente che destra e sinistra sono categorie superate. E noi non possiamo che condividere questa posizione, dato che il movimento neofuturista è almeno da due anni che ribadisce la morte di destra e sinistra.
È inquietante notare quanta pochezza intellettuale abbiano i nostri governanti e i loro sostenitori di piazza. Incoraggiare oggi la distinzione e la contrapposizione tra destra e sinistra non è solo anti-storico e passatista, ma stupidamente demagogico
Questa sterile contrapposizione, che resiste anche in molte altre zone del mondo occidentale, è in Italia resa ancora più triste e passatista perché alimentata da un’altra contrapposizione, questa davvero degna di riso e anche compassione: quella tra comunisti e fascisti. Sì, perché non solo ci dobbiamo sorbire destra e sinistra (che poi governano quasi all’unisono), ma dobbiamo pure andare ad attualizzare le storiche contrapposizioni dei nostri nonni e bis-nonni! E andare addirittura a resuscitare il fascismo! È imbarazzante. Non solo costoro non si rendono conto che stanno tenendo in vita contrapposizioni e categorie prive ormai di qualsiasi vitalità e prospettiva futura, ma addirittura provano a far rinascere ideologie che la storia ha già seppellito da decenni. Si arriva anche al ridicolo paradosso di definire il gruppo di Massimo Fini come “fascista” (sic), lo stesso Massimo Fini che ha attaccato con durezza per anni Silvio Berlusconi, che però è anche lui definito “fascista” (sic2)! Evito di commentare ulteriormente questa cosa, perché già percepisco il frastuono delle risate dei lettori.

Una osservazione ora per Movimento Zero. È un Movimento che si fa portavoce di un pensiero molto interessante e mostra di aver intuito molte delle motivazioni che sono alla base della crisi dell’uomo e della società contemporanea. Paradossalmente – ma stavolta è un bel paradosso – il movimento punta l’accento sull’antimodernità. Ed è curioso che un movimento antimoderno abbia una visione molto più chiara sul presente e sul futuro che ci attende di quanto ne abbiano i partiti attuali che si definiscono progressisti, ma che sono ancorati a logiche ottocentesche.
Il Movimento Neofuturista condivide la critica alla destra e alla sinistra portata da Movimento Zero, ma non può appoggiare l’Anti-Modernismo. Noi spingiamo per un Oltre-Modernismo. La modernità – questa modernità – va criticata e superata apportando forti correzioni. Ma non si può negarla. Non è una via percorribile.
Sostegno a Movimento Zero nella sua battaglia contro destra e sinistra passatiste.

Antonio Saccoccio

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lunedì, giugno 11, 2007

Il Codice di Perelà, romanzo futurista di Palazzeschi

Il codice di Perelà di Aldo Palazzeschi è uno dei romanzi più godibili e allo stesso tempo interessanti del Novecento.
Del periodo futurista di Palazzeschi di solito si ricordano un paio di liriche de “L’incendiario” e nulla più. E invece c’è un bel romanzo, sconosciuto ai più, un Romanzo futurista, come si legge nel sottotitolo dell’edizione originale, quella del 1911 (edizioni futuriste di "Poesia").
Lo stesso Palazzeschi molti anni più tardi, nel 1958, dichiarò: “Perelà è la mia favola aerea, il punto più elevato della mia fantasia”.
Il romanzo ebbe ben cinque redazioni successive, in cui l’autore progressivamente finì per snaturare gli esiti felicissimi dell’edizione del 1911, smussando alcuni caratteri tipici del protagonista.
Il Codice di Perelà è l’incredibile storia di un uomo di fumo, Perelà appunto.
L’uomo di fumo ha tre anziane madri, Pena, Rete e Lama, dalle cui iniziali prende il nome. Vive nella cappa di un camino per 33 anni, ascoltando le storie di Pena, Rete e Lama, fino a quando le tre vecchie non smettono di parlare. Allora Perelà scende dal camino, indossa un paio di stivali e si reca in città. Qui tutti sono incuriositi ed ammirati dalle sue sembianze “fumose” e dalla freschezza delle sue parole. Conosce il re Torlindao, le persone più importanti della città e molte donne, che gli confidano amori e passioni sensuali (una di loro, Olivia di Bellonda, si innamora di lui). A questo punto il re affida a Perelà l’importante compito di redigere il nuovo Codice della città. Perelà incontra quindi altri personaggi curiosi (Iba, il principe Zarlino), restando sempre silenzioso e di pochissime parole. Poi però Alloro, un ammiratore di Perelà, si dà fuoco nel tentativo di diventare anche lui di fumo. Viene di questo accusato Perelà. La folla, che lo adorava, ora inizia a disprezzarlo ed insultarlo pubblicamente. Perelà viene condannato e rinchiuso in una piccola cella sul mondo Calleio. Qui, grazie all’aiuto di Olivia Bellonda, Perelà attreversa il camino e scompare nel cielo in una nuvola di fumo.

Perelà è evidentemente l’ideologo della leggerezza di fronte alla pesantezza del mondo. Ripete frequentemente l’adagio “Io sono molto leggero” e non aggiunge molto altro. Nessuno è in grado di capirne pienamente il pensiero. Perelà è completamente estraneo alle logiche dello Stato. Interessantissime anche le figure dell’ex re Iba e del pazzo principe di Zarlino (che probabilmente è un’allegoria di Filippo Tommaso Marinetti). La rassegna delle donne e i loro discorsi sull’amore sono trai brani più travolgenti della letteratura fantastica del Novecento. Ma quasi tutti i personaggi posso essere letti in chiave allegorica. E per questo il romanzo assume un valore che va ben al di là della pura invenzione fantastica.

Resta un mistero l’esclusione del Codice di Perelà dal canone dei migliori romanzi novecenteschi italiani. Il romanzo di Palazzeschi non sfigura affatto se paragonato ai fortunatissimi romanzi della Trilogia degli antenati di Italo Calvino. Non è inferiore per invenzione fantastica e neppure per la capacità di veicolare simbolicamente le idee dell’autore. Superiore è sicuramente Calvino sotto l’aspetto linguistico. Ma incredibilmente superiore è nel complesso Palazzeschi, se si considera che Il Codice di Perelà precede Il visconte dimezzato, il primo dei tre romanzi di Calvino, di più di 40 anni!
Onestamente Calvino ebbe anche modo di comunicare in una lettera a Palazzeschi la sua ammirazione per Il Codice di Perelà. Ecco qui la breve lettera, in cui vi è un chiaro cenno al valore de Il codice di Perelà.

Caro Palazzeschi,
Le sono molto grato, e anche confuso, perché mandare a Lei un mio libro mi è dovere e piacere ed ha già contraccambio nel vederlo gradito. Ma m’ha fatto molto felice, dandomi con la Sua dedica due libri che mi sono molto cari: “Perelà” (un capostipite) e le “Bestie”, in cui c’è “Il ritratto della Regina” che è uno dei miei racconti preferiti. La saluto con gratitudine e amicizia.

Questo è stato il futurismo. Arrivare prima degli altri. Sempre.

Antonio Saccoccio

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giovedì, giugno 07, 2007

Prezzolini e la prostituzione della letteratura

"La letteratura italiana sta diventando levantina, ossessionata dal dollaretto, dal successone, dalla protezione politica, dal premio comprato e va alla ricerca di rinnovamenti formali non avendo nessuna, o troppa certezza di contenuto".

Giuseppe Prezzolini, Storia tascabile della letteratura italiana

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domenica, giugno 03, 2007

Marinetti, Joyce e le parole in libertà














"Quasi tutti le liriche parolibere contengono anche il cosiddetto "monologo interiore" cioè l'assoluta sincerità alogica della coscienza e del sub-cosciente. Pur riconoscendo l'ingegno originale di Joyce resta stabilito che egli deve a Edouard Dujardin il "monologo interiore" e le parole in libertà ai futuristi italiani"

Filippo Tommaso Marinetti, Joyce e le parole in libertà, in "Sant'Elia", III, 61, 15 febbraio 1934

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