LIBERI DALLA FORMA

IL PRIMO BLOG NET-FUTURISTA

domenica, maggio 29, 2005

FORME MORTE (2): i regali (quasi tutti)

“Sono nei pasticci. Ho così tanto da fare che ho dimenticato che dopodomani è Natale e devo ancora fare i regali a tutti! A mio padre, mia madre e mia sorella devo comprare per forza qualcosa… e pure Marta e Simona se lo aspettano!”
“Uffa! Domani devo andare al compleanno di Marco e non so proprio cosa comprargli come regalo!”
Frasi normali ripetute in svariate occasioni.
Il regalo (etimologia incerta, probabilmente dallo spagnolo regalo = "dono al re", e questo già sarebbe indicativo) è nella maggior parte dei casi una FORMA MORTA.
Perché? Per il semplice motivo che in molti regali non c’è spontaneità vitale.
Riprendiamo le frasi d’apertura e osserviamo il nostro modo di esprimerci in quelle occasioni: “devo ancora fare i regali”, “devo comprare per forza qualcosa”, “devo andare al compleanno”. Il verbo prevalente è “dovere”.
I regali sono infatti considerati degli obblighi, dei doveri verso qualcuno che “si aspetta” quel regalo. È un atto dovuto, una consuetudine priva di spontaneità e quindi “forma morta”. Viene concepito come un impegno, come se fosse un qualche adempimento da assolvere.
Conseguenza di questo modo di vedere sono i “brutti regali”. Sì, perché anche un regalo si vede subito quando è conseguenza di una “forma morta”. Chi fa un regalo per assolvere ad un dovere non ha dentro quel flusso che lo porta a scegliere un “bel regalo”. E il destinatario si accorge immediatamente di ciò: regali senza vita ne abbiamo ricevuti tutti, non possiamo negarlo. I regali senza vita stanno lì in un cassetto o in un vecchio armadio: e lì meritano di stare. Oggetti inutili, perché svuotati di senso.
Quando ero bambino (ma a volte capita ancora adesso) se un amico di giochi ti invitava al suo compleanno, allora gli si comprava un regalo. Ma se non festeggiava il compleanno, niente regalo! Come a dire, se fai una festa allora meriti il regalo, se non la fai è come se non fosse il tuo compleanno. Ho trovato sempre odioso questo modo di procedere: un regalo lo faccio perché mi va di farlo, non perché uno mi invita ad una festa! Insomma il regalo come merce di scambio, dov’è la spontaneità? Dov’è la vita? Assente, completamente tristemente vergognosamente assente. Così iniziamo a rovinare i bambini. Così i bambini iniziano ad assorbire le “forme morte” in cui vivono gli adulti. E iniziano a morire.

Vediamo invece cosa è il vero regalo per chi non è prigioniero della forma, per chi è libero dalla forma. Si vede subito chi ha davvero la voglia di fare un regalo ad un’altra persona. Perché il regalo ci viene da dentro, è un atto prepotente dell’anima. Quando senti una persona così vicina a te, quando la senti parte di te, ecco che vuoi farle un regalo: vuoi darle una parte di te, per testimoniare quel legame. E senti realmente che vuoi farlo quel regalo, lo senti dentro che spinge per uscire da te e andare verso l’altro. “Tieni, ti do un pezzo di me, perché mi sento unito a te”: questo è un regalo. Altro che dovere!

Io propongo un Neo-Umanesimo, propongo di portare l’uomo a prendere (o riprendere) contatto con se stesso, con quella cosa immensa (l’anima, ricordate ancora?) che ha dentro. E quindi a sentire il grande valore anche dei regali. Facciamo meno regali, ma facciamo regali vivi. Non è facile, lo so bene, siamo tutti ingabbiati nelle consuetudini sociali e un mancato regalo potrebbe suscitare critiche infinite. Ma prendiamoci tutti la responsabilità delle nostre idee e, soprattutto, dei nostri sentimenti. Al diavolo le critiche dei benpensanti. Se sentiamo di essere obbligati a fare un regalo, lasciamo perdere. Lo faremo quando ne avremo voglia davvero. Torniamo tutti al “volere", e non al “dovere”. Altrimenti diventeremo tanti morti che vogliono tante cose morte…

Antonio Saccoccio

martedì, maggio 24, 2005

Manifesto del Futurismo

Il blog ha come scopo la diffusione di nuove idee e di una nuova cultura originata dalla fusione di due correnti: il Neo-Futurismo e il Neo-Umanesimo.

Per farvi comprendere cosa sia il Neo-Futurismo inizio col riportare quali sono i principali tratti del Futurismo dei primi anni del secolo XX. Chiarisco sin da ora che sono moltissimi i punti in cui il mio Neo-Futurismo si differenzia dal Futurismo marinettiano. Prossimamente chiarirò meglio queste differenze.

F. T. Marinetti
Manifesto del Futurismo
(pubblicato su “Le Figaro” di Parigi del 20 Febbraio 1909)

1. Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità.
2. Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
3. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia
febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.
4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo...un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.
5. Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.
6. Bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali.
7. Non v'è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all'uomo.
8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!...Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell'Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente.
9. Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertarî, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria.
11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori o polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole pei contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l'orizzonte, le locomotive dall'ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.

sabato, maggio 21, 2005

FORME MORTE (1): le cartoline.

Apro un cassetto polveroso e leggo a caso alcune tra le cartoline che mi sono state inviate negli ultimi anni.
Circa metà delle cartoline presenta le seguenti espressioni:
Tanti saluti da xxx
Saluti spagnoli da xxx
Tanti tanti tanti saluti francesi da xxx
Un grande saluto dal Giappone da xxx
Tanti cari saluti a tutti da xxx
Un simpatico saluto dalla Sicilia da xxx
Un carissimo saluto da xxx

Quasi un’altra metà presenta un arricchimento con indicazioni geografiche, ma frasi per lo più prevedibilissime:
La Spagna è calda ma stupenda…
Gli States sono favolosi come credevo…
Il Messico è un luogo unico…
Un saluto dalla verde Sardegna
Etc.

Pochissime le cartoline che provano, con modesti risultati, ad essere più originali.

Ebbene tutti noi abbiamo sentito, almeno una volta nella vita, l’enorme imbarazzo che si prova a dover scrivere una cartolina. E tutti abbiamo avuto un momento in cui ci siamo detti: “Ora che scrivo? La solita frase? O mi invento qualcosa? Ma che mi invento? Proviamo un po’… no, non ci riesco… non mi viene in mente nulla!” E poi alla fine o si ritorna ai “carissimi saluti” o alla “verde Sardegna”! Ma sempre con un grande senso di insoddisfazione. E i risultati sono quelli che avete letto sopra: decisamente modesti. Ma insomma chiediamoci tutti: cos’è che non va in quelle cartoline? Perché dopo qualche giorno non ricordiamo più cosa c’è scritto? Come può accadere che, dopo appena una settimana, di una cartolina di un carissimo amico ricevuta con grandissimo piacere non ricordiamo più una sola parola? È semplicissimo: perché quelle cartoline sono FORME MORTE! In quelle frasi, partorite con così grande fatica e con così poca naturalezza, non si sente il flusso della vita. Per questo non destano nel destinatario alcuna impressione forte. E vengono così dimenticate.

Il problema c’è però e rimane. Cosa scrivere dietro ad una cartolina?
Se siete stanchi di scrivere e ricevere cartoline morte, seguitemi un attimo.
Ho una mia soluzione e si chiama “cartolina futurista”. È una cartolina che si è scocciata di essere veicolo di frasi ammuffite vecchie di secoli e che vuole comunicare qualcosa.
Per ora ho sperimentato due tipi di cartoline futuriste: la “cartolina ribelle” e la “cartolina dinamica”.
La “cartolina ribelle” la consiglio a tutti coloro che si sono semplicemente stufati di dover passare mezzora per trovare le parole giuste.
Vi spiego. Il fine della cartolina è testimoniare al destinatario che si è avuto un pensiero per lui. E allora spedire la cartolina può bastare: quindi dietro la cartolina voi non scriverete assolutamente nulla, tranne la firma. Potete scegliere se mettere la firma in basso lasciando vuoto il resto e allora il significato provocatorio sarà: “ti aspettavi che ti scrivessi qualcosa? E invece non ti scrivo nulla, perché ora non ho nulla da dirti e non voglio scriverti le solite frasi insulse: voglio solo spedirti questa cartolina perché mi sono ricordato di te!”. Oppure potete firmarvi a caratteri più grandi, occupando magari tutto lo spazio a disposizione, come a dire: “La cartolina te la mando io, e questo può bastare”.
La “cartolina dinamica” è invece una cartolina diversa, più creativa. Diciamo che, passati i primi tempi, in cui la cartolina ribelle ci dà la soddisfazione di esserci liberati dalla forma morta, la cartolina dinamica è la vera soluzione al problema.
Questa volta si tratta di riempire lo spazio a disposizione. Ma non dobbiamo più pensare e ripensare alla frase ad effetto che stupirà o farà piacere al destinatario. Basta alzare lo sguardo dalla cartolina, osservare quello che ci sta intorno e riportarlo in maniera libera sulla cartolina. All’osservazione della realtà circostante si può unire un pensiero immediatamente conseguente a quell’osservazione.
Ad esempio immaginiamo di essere in stazione, seduti su una panchina, poco prima di prendere il treno. Prendiamo la cartolina, alziamo lo sguardo e osserviamo per qualche istante. Quindi scriviamo:
“Tanto rumore, annuncio del treno, ragazze profumate ben vestite sbattono i tacchi alti, un bambino urla. Mi piace stare con loro”.
Scriviamo esattamente quello che abbiamo visto e le impressioni che abbiamo avuto. Nulla di più. Il risultato? Se ci lasciamo trascinare e riusciamo ad essere spontanei, il nostro destinatario riuscirà a cogliere un momento del nostro viaggio e a riviverlo parzialmente. Vi pare poco? Preferite i “saluti carissimi”? Senza contare poi che in questo modo tutte le cartoline sarebbero diverse dalle altre, ognuna personale e unica!
La cartolina dinamica praticamente coglie il flusso della vita, ci rende spontanei e parte di quel flusso. Nulla di precostituito, nulla di formale. Si vive il momento e lo si fa rivivere.
Vi pare ch’io farnetichi? No, sono solo un neo-futurista che vuole sbloccare la fissità di alcune forme morte…
Allora ricordate: questa estate mandate a tutti cartoline neofuturiste! ;->

Antonio Saccoccio

venerdì, maggio 20, 2005

FORME MORTE: arriva la prima rubrica settimanale Neo-futurista.

“FORME MORTE” prende spunto dal pensiero di Pirandello, autore di riferimento per il mio Neo-futurismo.
Sappiamo che per Pirandello ogni cosa che si fissa in una forma inizia a morire. La vera vita è invece caratterizzata dal movimento continuo, dal flusso che scorre.
In questa rubrica ogni settimana presenterò (con tono spesso irriverente) persone e situazioni di vita che, essendo ormai imprigionate nella forma delle convenzioni sociali, sono ormai cose morte, prive di reale vita. Si parlerà, appunto, di “forme morte” e pochi saranno risparmiati.
La rubrica è aperta a chiunque voglia intervenire per pubblicare le proprie “forme morte”. Benvenuti come al solito sono i suggerimenti e le critiche.
Allora… a domani per il primo “morto”!
Antonio

mercoledì, maggio 18, 2005

Un pensiero sul... relativismo

L'uomo è la misura di tutte le cose

Protagora

Questa può considerarsi la prima grande affermazione del relativismo. Infatti secondo Protagora uno stesso fenomeno può essere percepito in un certo modo da un uomo, ma diversamente da un altro: quindi non esiste una sola verità, entrambi i giudizi rappresentano la verità (relativismo conoscitivo).

Ma se non c'è una verità assoluta, non può esserci neppure un bene assoluto: piuttosto ci saranno tante forme di bene soggettivo (relativismo etico). Conseguentemente I sofisti, di cui Protagora è un esponente, affermano che ogni individuo tende a perseguire il proprio bene. Per fare questo i sofisti insegnavano ai giovani l'arte di persuadere la folla, migliorando l'esposizione delle proprie idee. E infatti ne Le Antilogie Protagora afferma che intorno ad un stesso argomento si possono presentare come veri due ragionamenti che si contrappongono fra loro.

Torniamo ora ai nostri giorni e pensiamo ai dibattiti politici in televisione: non vi sembra che siamo tornati all'arte della sofistica? Non sembra che ormai tutto sia diventato così relativo che è possibile affermare una cosa e il suo contrario? Il dibattito è diventato un modo per mettere in difficoltà l'avversario con affermazioni e domande vuote ma astute (di sicuro abilmente preparate precedentemente): tutto questo per strappare un consenso al pubblico televisivo a casa, che, ignaro, subisce passivamente questo insulso teatrino. Non sembrano questi politici credere neppure loro a quello che dicono, ma l'importante è trovare la frase opportuna per dare l'impressione che la propria verità sia quella giusta. Insomma posso essere anche un criminale ma se riesco a trovare la frase giusta passo dalla parte della ragione. Attenzione, forse stiamo passando la misura.

lunedì, maggio 16, 2005

Ratzinger illiberale e conservatore? Macchè! È liberale e anticonformista.

“La verità non è determinata da un voto di maggioranza”

“Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le proprie voglie.”

Attorno a queste due frasi, pronunciate in tempi diversi dal nuovo pontefice J. Ratzinger, si sono scatenate critiche, prese di posizione durissime, a volte francamente incomprensibili, soprattutto quando provenienti da ambienti liberali.
Chi vi scrive è liberale, laico, relativista; tuttavia non si sente minimamente minacciato dalle esternazioni dell’ex cardinale tedesco. Anzi è profondamente convinto che le posizioni del pontefice siano di grandissimo valore, anche e soprattutto per chi si dichiara liberale.
A mio avviso, infatti, coloro che, pur dichiarandosi liberali e relativisti, criticano fortemente Ratzinger, non hanno interpretato correttamente il suo pensiero.

Analizzo e spiego le due frasi citate, cercando di interpretarle.

“La verità non è determinata da un voto di maggioranza”
Il tedesco afferma: “Non è detto che la maggioranza abbia sempre ragione, che raggiunga sempre la verità”. Ebbene ricordo a tutti che la tutela delle minoranze è un principio cardine del vero liberalismo. Ma su questo i veri liberali non hanno avuto troppo da obiettare. Delle critiche provenienti da altri ambienti non mi preoccupo.

Ma veniamo alla seconda fondamentale affermazione.
“Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le proprie voglie.”
Qui il pontefice vuole dire: “Stiamo attenti perché proprio il relativismo può diventare una dittatura: infatti ormai è di moda dirsi “relativisti” e chi non si dichiara tale viene emarginato e “bollato” come intollerante”. Anche stavolta quindi il papa si pone a tutela delle minoranze. E ci insinua un dubbio: “E’ proprio giusto essere così integralmente relativisti? Non è che il relativismo è una comoda via d’uscita per chi non ha la volontà di prendere scelte più dure, faticose e coraggiose?” Un dubbio che anche io, relativista in toto, sento di condividere e che anzi mi tormenta già da tempo.
Insomma se essere relativisti significa non avere certezze assolute, allora neppure il relativismo dovrebbe essere una certezza assoluta! O chi è relativista è sicuro di essere in maniera assoluta dalla parte della verità? Sarebbe una contradictio in terminis, lo ammetterete. Il dubbio deve essere esteso a qualsiasi fatto e idea.
Insomma io sono liberale e sono con Ratzinger, che a mio avviso con quelle due frasi dimostra di essere molto più liberale di chi lo critica.
Aggiungo che in entrambe le frasi il neo-pontefice si pone in un atteggiamento anticonformista rispetto alle tendenze di pensiero dominanti: nessuno infatti può negare che le parole “democrazia” e “relativismo” si sono negli ultimi anni svuotate di significato e sono diventate delle etichette di comodo dietro le quali ci si protegge e ci si nasconde, evitando di approfondire molte questioni spinose. Chi si riempie la bocca dei termini "democrazia" e "relativismo" è assai spesso un individuo arrivato all'apice dell'omologazione di massa.
Anche per questa sua capacità di parlare fuori dal coro e per il coraggio di essere impopolare il tedesco ha tutta la mia stima.
Invito tutti i liberali laici ad una riflessione: mettete da parte l’immagine di Ratzinger conservatore e intransigente difensore dell’ortodossia cattolica e provate a giudicarlo sotto questa nuova luce.
Saluti a tutti
Antonio Saccoccio

sabato, maggio 14, 2005

Presentazione

Cari visitatori,
due parole per presentare questo blog.
Leggendo il mio primo post, vi sarete già fatti un'idea: una citazione letteraria che presenta un'idea "forte", un pensiero importante, per molti forse traumatizzante. Perchè proprio questa è l'idea originale (lo dico con un pizzico di presunzione) di questo blog: cercare di contribuire alla diffusione di alcune idee, giovandomi di quel ricchissimo patrimonio che è costituito dalla nostra letteratura.
C'è qualcuno che anni, secoli, perfino millenni fa ha già intuito qualcosa di questo indecifrabile labirinto che è il nostro mondo. Eppure lo abbiamo dimenticato, o abbiamo voluto dimenticarlo. Ed abbiamo commesso un grave errore.
Il tema del blog a questo punto dovrebbe essere chiaro: riprendere il pensiero di illustri pensatori e uomini di cultura italiani e stranieri (soprattutto del XX secolo) per produrre una critica lucida e decisa all'invadenza delle convenzioni sociali che, oggi più che mai, bloccano la spontaneità della nostra vita.
Partire con Pirandello è un atto dovuto.
Ovviamente sono benvenuti contributi, commenti e critiche da parte di chiunque sia interessato al tema.
Un saluto a tutti (soprattutto ai giovani studenti appassionati di letteratura!)
Antonio Saccoccio

Pochissimi lo sanno...

Pochissimi lo sanno; i piú, quasi tutti, lottano, s'affannano per farsi, come dicono, uno stato, per raggiungere una forma; raggiuntala, credono d'aver conquistato la loro vita, e cominciano invece a morire. Non lo sanno, perché non si vedono; perché non riescono a staccarsi piú da quella forma moribonda che hanno raggiunta; non si conoscono per morti e credono d'esser vivi. Solo si conosce chi riesca a veder la forma che si è data o che gli altri gli hanno data, la fortuna, i casi, le condizioni in cui ciascuno è nato.

Luigi Pirandello, "La carriola"