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martedì, aprile 24, 2007

Le disfunzioni della scuola italiana: la valutazione

Le disfunzioni della scuola italianadal “Manifesto della Scuola Net.futurista”
- La valutazione -
Il peccato originale
Una grandissima parte dei problemi attuali (e passati) della scuola prende avvio nel momento in cui il docente (spesso per colpe non proprie, ma di una pessima legislazione in campo scolastico) inizia ad attribuire grande importanza al momento valutativo. La valutazione non può in alcun modo essere intesa dal discente come il termine ultimo dell’azione educativa. Il momento verifica/valutazione è soltanto uno strumento di supporto al processo formativo. Se il docente si rende responsabile di un simile fraintendimento va incontro inevitabilmente all’insuccesso professionale.
Le conseguenze
Nel momento in cui percepisce che il docente attribuisce grande importanza al momento valutativo, lo studente perde di vista gli obiettivi reali della sua formazione. A questo punto è portato a concepire lo studio come l’adempimento di un compito, di un obbligo. E sparisce nello stesso momento l’idea dello studio animato da passione e curiosità.
Primo danno: cognitivo
Il primo danno è puramente cognitivo. Le conoscenze frutto di uno studio finalizzato esclusivamente al momento della verifica/valutazione sono destinate a svanire in breve tempo. Solo lo studio animato da autentica motivazione, passione e curiosità porta a fissare nella memoria a lungo termine nuove nozioni.
Secondo danno: educativo
Ugualmente importante è la ricaduta educativa. Studiando in funzione del voto, l’alunno sviluppa una mentalità utilitaristica e poco onesta. Sintomi evidenti di questa disfunzione educativa sono quegli atteggiamenti meschini e sleali che lo studente mette in atto per arrivare a quello che diventa il suo unico scopo: prendere un voto alto, possibilmente più alto di quanto effettivamente merita. Ed ecco allora squallidi tentativi di copiare le verifiche scritte, tentativi di suggerire o farsi suggerire risposte nel corso delle verifiche orali, contestazioni delle valutazioni del docente, e altre simili miserie, che da tempo siamo abituati a vedere nelle nostre scuole.

Terzo danno: relazionale
Ma il danno probabilmente più grave è quello che si consuma a livello relazionale. In un contesto educativo dominato dalla valutazione, l’alunno è portato a vedere nel docente un giudice e non un maestro: un nemico e non un amico. Fondata la relazione su questi pessimi presupposti, tutto il resto è compromesso. La relazione si trasforma da educativa in conflittuale. E gli effetti sono disastrosi. Docente e discente saranno entrambi insoddisfatti del proprio ruolo, vivranno l’ambiente educativo con disagio e insofferenza, la serenità lascerà il posto al nervosismo e alla frustrazione.

Antonio Saccoccio

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16 Comments:

At 24 aprile, 2007 12:59, Blogger fabiana said...

stavolta sarò breve:
sottoscritto in pieno.
Fino all'ultima virgola.

 
At 25 aprile, 2007 11:46, Anonymous Anonimo said...

Ciao Antonio,
Le tesi sono chiare e condivisibili. Come sempre.
Si dovrebbe però lavorare, anche sulle motivazioni dei docenti. E non solo in termini economici.
Un caro saluto,
Carlo

 
At 25 aprile, 2007 19:48, Blogger Antonio Saccoccio said...

Cara squitto, felice di incontrare il consenso di un ex insegnante ;-)

Carlo, d'accordo con te. Infatti questo è solo uno dei tanti punti del Manifesto.
Però considera una cosa. Eliminato quello che ho chiamato il "peccato originale", le motivazioni dell'insegnante sarebbero senz'altro già maggiori. Nessun insegnante si può sentire motivato se ridotto al ruolo di semplice esaminatore e ha di conseguenza un pessimo rapporto con i ragazzi.
Poi, certo, andrebbero considerati altri fattori. Ma di questo ne parlerò un'altra volta. ;-)
ciao e a presto!

 
At 25 aprile, 2007 23:09, Blogger fabiana said...

Le motivazioni partono da lontano...
dice bene Carlo: sono fondamentali.
Che dire sull'insegnamento "ultima speme" per chi lo considera impiego comodo (che pare quasi un part time, pare ma non lo è, ma c'è chi riesce benissimo a farlo divenire tale), o ultima spiaggia per non aver trovato altro?

In Italia questa situazione è consentita ed incentivata, dato che basta una laurea nella materia specifica, ma...
test attitudinali?
verifiche e valutazioni che oserò con un parolone chiamare psico-dinamiche, sulla capacità gestionale e comunicativa dell'insegnante?
Sul suo operato, sul suo rapporto con gli studenti?
Si può essere dei premi nobel di chimica ed essere totalmente inetti a comunicare il proprio tesoro.
I danni che ne derivano sono enormi.
(Per tacere delle scuole primarie, che se dovessi parlarne ora sembrerebbe che io strumentalizzassi un fatto di cronaca... fatto di cronaca che comunque è destinato a ripetersi, non tanto nelle sue componenti di presunte aberrazioni "sataniste", ma di certo nell'incuria e nel degrado che non esito ad imputare in primis alla superficialità e al lassismo che impera nell'amministrazione scolastica).
A presto! :)

 
At 25 aprile, 2007 23:14, Blogger fabiana said...

ah dimenticavo.
L'insegnante non può prescindere dall'essere autorevole, il che non significa strillare come una gazza isterica o altrimenti prendere gli studenti a bacchettate sulle mani.
Autorevolezza significa offrire e pretendere il giusto rispetto, e pertiene alla sfera del rapporto tra gli individui.
Siamo proprio sicuri che gli insegnanti siano tutti capaci di questo? Eppure è una caratteristica FONDAMENTALE...
(vabbè, ho fatto una domanda scema, neh?)

Finito (per ora) :)))

 
At 26 aprile, 2007 09:03, Blogger Stefano Moracchi said...

Ciao Antonio,
dal punto di vista della filosofia "attuazionista" l'istituzione scuola è uno degli accessi allo Stato.
Purtroppo, secondo la mia analisi, la società civile, essendo l'unico movimento egemone, non permette questo accesso.
Questo isolamento dell'istituzione scuola comporta una accresciuta sofferenza, impedendo la riproduzione della vita pubblica.
Alla mancanza della riproduzione della vita pubblica - sentirsi a pieno titolo cittadini attivi _ si è voluto escogitare un rimedio: quello dell'esaltazione dei sentimenti. Purtroppo la vera relazione non nasce dal fatto che le persone abbiano dei sentimenti in comune ma dal fatto che tutti siano in recipra relazione con un centro vivente e cioè: che l'istituzione scuola sia l'accesso vivente allo Stato.
Imprigionare le relazioni all'interno della società civile significa imprigionare la libertà della relazione compiuta ed edificante che porta allo Stato.
Docenti e discenti avvertono questa mancanza di vera libertà.
Perchè liberta significa IN PRIMO LUOGO credere che vi sia una destinazione: nei docenti di essere formatori di cittadini e nei discenti di essere cittadini in formazione.
Il docente deve essere percepito dal discente come se si trovasse di fronte ad un mondo compiuto, un mondo storico.
Essendo un mondo compiuto, storicamente determinato, si percepirà anche il limite.
Il docente è mondo compiuto e storicamente determinato solo se può rappresentare compiutamente lo Stato.
Allora si avrà anche la percezione del limite.
Nella percezione del limite si vivrà in un sistema di dedizione e riservatezza, confidenza e distanza, affinchè possa sorgere la relazione costruttiva e impegnativa.
Il limite può essere percepito solo nella consapevolezza della responsabilità di essere cittadini attivi e non semplici movimenti inconsistenti di una società civile.
S.M.

 
At 26 aprile, 2007 19:14, Blogger Antonio Saccoccio said...

Cara squitto,
ti assicuro che l'insegnamento "ultima speme" ed impiego comodo è una realtà che appartiene alla scuola degli anni Settante e Ottanta ed è ormai quasi assente dalla scuola di oggi.

Per quanto riguarda le competenze psico-sociali e didattiche degli insegnanti hai perfettamente ragione. Ma anche qui stiamo cercando di recuperare il ritardo rispetto agli altri paesi europei. Ormai solo un insegnante estremamente passatista (e ce ne sono, purtroppo) può ancora ritenere inutili tali competenze.
L'autorevolezza? Fondamentale, come hai detto bene tu. E rientra in quelle capacità di cui parlavo prima. Oggi per essere autorevoli bisogna mettersi in discussione ed essere davvero bravissimi. Prima per ottenere il rispetto bastava essere autoritari...

Stefano, molto stimolanti le tue riflessioni.
In particolare queste due frasi mi sembrano ricche di spunti e le condivido pienamente.
"Imprigionare le relazioni all'interno della società civile significa imprigionare la libertà della relazione compiuta ed edificante che porta allo Stato.
Docenti e discenti avvertono questa mancanza di vera libertà".
e
"Il limite può essere percepito solo nella consapevolezza della responsabilità di essere cittadini attivi e non semplici movimenti inconsistenti di una società civile"

Ecco, io spesso ho l'idea di questo movimento inconsistente nella scuola.

un saluto a tutti!

 
At 26 aprile, 2007 20:11, Anonymous Anonimo said...

Sottoscrivo! nn a caso dico sempre ai miei alunni di nn avere cm obiettivo il voto ma l'accrescimento culturale.Certo la maggior parte di loro nn recepisce questo messaggio!Del resto viviamo nella società delle prestazioni!

 
At 26 aprile, 2007 21:50, Blogger fabiana said...

anto,
per esperienza personale ti posso assicurare che ai '70 e agli '80 devi aggiungere tutti i '90.
Può darsi che oggi davvero non sia più così, e me ne compiaccio, ma gli anni '90 sono ancora troppo vicini perché anche le loro conseguenze non siano più avvertibili. Gli anni '90 sono quelli in cui ho frequentato le scuole da insegnante e, credimi, so quello che ho visto... :-//
Detto questo, non posso che essere felice che tu mi porti la testimonianza di una realtà (triste) che finalmente sta cambiando! :)

 
At 26 aprile, 2007 22:29, Blogger Antonio Saccoccio said...

cara squitto,
ci siamo fraintesi, probabilmente perchè sono stato - come sempre! - troppo sintetico.
Bisogna infatti distinguere due piani in questa nostra periodizzazione: il momento dell'ingresso nel mondo della scuola e la situazione che si trova in un dato momento.
Io mi riferivo al momento dell'ingresso perchè è lì che entrano in gioco le motivazioni di cui stiamo discutendo.
Proprio parlando degli anni Settanta e Ottanta mi riferivo al momento dell'ingresso nella scuola. E' evidente che se qualcuno è entrato in quegli anni negli anni Novanta ancora è dentro. ;-) Se è per questo alcuni sono dentro ancora adesso!
Quindi le tue osservazioni non sono per nulla in contrasto con le mie. ;-)
Io mi riferivo alle motivazioni che oggi ci sono e che sono ben diverse da quelle - tristi - a cui alludevi giustamente tu.
Questo è davvero cambiato.
Non basta, certamente. Perchè alcuni atteggiamenti iper-passatisti dominano la scuola ancora oggi.
Ma almeno gli insegnanti pantofolari stanno sparendo. Già è qualcosa!
Ora restano i passatisti cronici. E quelli sono un bel problema. Perchè a lavorare lavorano. Ma lavorano per il passato e non certo per il futuro.

 
At 26 aprile, 2007 22:36, Blogger Antonio Saccoccio said...

caro Ale, tu dici giustamente:
"Del resto viviamo nella società delle prestazioni!"

Questo è un grande problema,che ovviamente va oltre questo nostro discorso.
Ricerca della prestazione a tutti i costi, efficientismo, utilitarismo: da quante cose la scuola deve proteggere?

E poi: una cosa è ricercare la prestazione, un'altra è sostituire un voto rubacchiato con la vera prestazione. ;-)
ciao!

 
At 27 aprile, 2007 23:50, Blogger Unknown said...

Hai disegnato con le parole il quadro perfetto della scuola italiana e della sua sconfitta.

Salutoni!

 
At 01 maggio, 2007 12:02, Blogger Antonio Saccoccio said...

ciao Nilo! Speriamo che dopo la sconfitta ci sia qualche vittoria.
a presto

 
At 24 maggio, 2007 18:28, Anonymous Anonimo said...

io sono una studentessa (fortunatamente) all'ultimo anno di superiori e nella mia classe questo meccanismo è proprio presente. Tutti miei compagni si vantano di avere voti alti rispetto a me e che bravi, voti presi grazie ai prof che ti spiegano parola per parola quello che dicono e che passano lezioni intere a spiegare sempre le stesse cose perchè la classe non ci arriva. In genere allafine delle superiori i ragazzi dovrebbero aver acquisito la capacità di studiare autonomamente, di capire le cose senza che nessuno glie le spieghi, ma da me non succede così.
Probabilmente sono l'unica in grado di farlo, visto cha la mattina a scuola non faccio altro che disegnare alieni e mostricciatoli, non ascolto i prof e se studio faccio i miei approfondimenti e mi faccio le mie idee, solo che la cosa non sembra neanche ben accetta.
In questo quinto anno la situazione è proprio degenerata e, tutto questo culto del voto, che mi ha portata ad odiare lo studio e ad avere una bassa stima delle mie capacità, perchè questo sistema non mi piace proprio, vorrei cambiare le cose ma in fondo se "urlo a tutti che vorrei studiare di più e più cose" verrei linciata dai miei compagni che credono invece che a scuola si fanno tante cose. Strano molto strano, dato che mi sembra di aver lavorato di più per l'esame di quinta elementare che per questo di maturità, i compenso mi sono dilettata lavorare a maglia e all'uncinetto e cio pure guadagnato qualcosina.
Le cose da dire ancora sono tante ma sinceramente non ho tempo adesso e sinceramente non so neanche se sono stata abbastanza chiara (mi dispiace ma scrivere è la mia lacuna più grande)

 
At 07 giugno, 2007 14:16, Blogger Unknown said...

"Studiare senza riflettere è inutile. Riflettere senza studiare è pericoloso"

Confucio, "Dialoghi"

 
At 12 luglio, 2010 23:13, Anonymous mariaserena peterlin libera said...

Oggi questo testo è di sconcertante e evidente attualità quale ispiratore e fondamento di ogni altro possibile documento sulla scuola.

 

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