Musica elettronica e avanguardia
Se si rileggono alcune pagine delle avanguardie del secolo scorso ci si rende subito conto di quanta parte abbia avuto per gli artisti la riflessione sulle innovazioni tecniche e tecnologiche.
Una delle arti tradizionali più fortunate fu indubbiamente la musica, che per merito delle innovazioni tecniche abbreviò quel lungo calvario che affrontarono (e in alcuni casi affrontano ancora, almeno nelle frange accademiche attardate) la letteratura, la pittura e la scultura. La tecnica offrì alla musica una via d'uscita allo sperimentalismo che, dopo la serialità integrale post-weberniana, aveva raggiunto posizioni estreme. Nacque la musica elettronica. E ci si accorse che la musica che avevamo conosciuto fino a quel momento era stata una goccia in un mare sconfinato. Le possibilità sembrarono sin da subito straordinarie. Chi non si agganciò alla rivoluzione elettronica, rimase attardato su posizioni anti-storiche. Tutto il mondo si avviava ad essere dominato dai circuiti elettronici, anche la musica doveva seguire quel mondo.
Ma in molti si rifiutarono di accettare quella realtà. Improvvisamente decenni di studi musicali accademici apparivano non bastare più per sfidare quella nuova realtà. Bisognava tornare a studiare. E studiare ancora molto. Acustica, analisi del suono e dei rumori più svariati, e poi sintesi additiva, sottrattiva, per modulazione ad anello e di frequenza. Senza calcolare le competenze strettamente tecniche (oscillatori, filtri e gli altri strumenti analogici).
Alcuni rifiutarono di rimettersi in gioco. E continuarono in uno sperimentalismo di maniera che finì per allontanare definitivamente il pubblico dalla musica d'avanguardia.
Ma i più intelligenti (e coraggiosi) compresero che non aveva senso alzare barricate contro il futuro. E il futuro era l'elettronica.
Oggi a più di mezzo secolo da quei momenti straordinari, l'elettronica ha invaso tutta la musica di consumo. Ma è rimasta ancora inspiegabilmente esclusa da molti ambienti d'avanguardia musicale.
Basta entrare oggi in un Conservatorio di musica. Dieci cattedre di pianoforte e una di musica elettronica. Situazione inspiegabile e inaccettabile. Abbiamo bisogno di comprendere il mondo di oggi e prepararci per quello che sarà. Non ci si può limitare assolutamente allo studio e all'adorazione del passato.
Dopo l'adorazione è necessario il superamento.
Oggi, nell'anno 2007, i Conservatori di musica sono ridotti a macerie.
Oggi, nell'anno 2007, i Conservatori di musica sono ridotti a macerie.
Le uniche aule realmente vive possono essere (ma non sempre sono!) quelle dedicate alla musica elettronica.
Il Neo/Netfuturismo sosterrà sempre la necessità di sviluppare la creatività confrontandosi con il proprio tempo. E oggi questo significa confrontarsi continuamente con le innovazioni tecnologiche.
Chi ragiona diversamente, merita soltanto il titolo di antiquario.
Antonio Saccoccio
Etichette: Conservatorio, musica, musica elettronica, neofuturismo, netfuturismo
13 Comments:
ottimo post.
critico e intelligente.
Evvvaaaaaaaaaaaiiiiiiiiii!!!
:-)
Ciao Antonio,
Mi piace l'idea dell'avanguardia nell'avanguardia: un'avanguardia permanente, allo stato nascente, e che studi, senza, come dire, "sedersi" o passeggiare tra le macerie.
Diciamola tutta: serve una sociologia neofuturista, capace di spiegare il movimento sociale attraverso il movimento sociale, senza passare attraverso la fase dell'istituzionalizzazione.
Un'impresa titanica, anche perché la società, di regola, tende sempre a trasformare le avanguardie in accademie, scuole,eccetera. E' una specie di "legge di gravità (sociale)".
Il neofuturismo (anche sociologico) dovrà perciò sfidarla.
Un abbraccio neofuturista,
Carlo
Quindi, io modestamente deduco che seguire, almeno le tecniche moderne acquisite,già collaudate, utilizzate e vive è un modo di aggiornarsi, senza essere neo-futuristi ( o semplicemente futuristi). Se questo non si fa non si è soltanto "antiquari" ma chiusi a qualsiasi progresso, innovazione. E, forse, ci sarebbe più adatta l'esistenza trascorsa nelle caverne. Dico bene? Ciao, Gabriele.
A parte il fatto che io sono un pezzo di antiquariato per conto mio e sto ascoltando Chopin... il che non aiuta, mi trovo molto d'accordo con Antonio, ma molto molto meno con i commenti con tante "aaa" e tanti "!!!" .
Questo proprio per il mio intransigente amore alla musica, che per me è non solo troppo facile sublimazione sdilinquita e struggente di sentimenti, ma soprattutto armonia e misura, accordo e concerto.
Ovvio che, non essendo musicista, tanto meno musicista elettronica, non sto usando un linguaggio specifico, però vorrei aggiungere qualche considerazione spiegandomi.
Non credo che cercare nuove strade significhi rinnegare o smettere di suonare o rinunciare ad ascoltare tutta la musica precedente. Però un conto è ascoltare Monteverdi, Mozart o Chopin ed altro conto è rimaneggiare (spesso plagiare) la musica sette-ottocentesca per tirarne fuori insulse e melense colonne sonore (da Love story al raccapricciante musicume di Titanic per far qualche facile esempio).
La ricerca musica è importante come tutte le ricerche: in ambito artistico come in quello scientifico.
Stamattina ho ascoltato un intervento insolente di Vaime su La7 che ironizzava sulla protesta di musicisti che non volevano provare un'esecuzione in un ambiente con una temperatura di pochi gradi superiori a quella prevista (ma Vaime ignora forse gli strumenti non sono lavandini o pentolame), e sosteneva che le spese per la musica classica e lirica sono troppo alte. (E non dice che la Rai ha chiuso tre, o forse più, delle sue Orchestre Sinfoniche (ne sopravvive solo una) che erano una meraviglia della nostra cultura per molti evidenti motivi.
Curiosamente non l'ho mai sentito ironizzare sui cachet di Antonella Clerici (per citare una simpatica) o su quelli di Bruno Vespa (per citare uno antipatico a me).
Insomma mi scuso per la lunga invasione (tuttavia non apprezzo nemmeno i commentini spottini flashatini ) ma il nocciolo, a mio personale avviso, è che la musica elettronica non possiamo né riusciamo nemmeno valutarla. Non si diffonde, non si divulga, non si valorizza.
Credo che sia necessario semantizzarla; mettersi in contatto con una dimensione di ascolto diversa, sviluppare una capacità di comprensione che non abbiamo: io ad esempio non ce l'ho. Eppure la musica la cerco e la amo tutta: dal gregoriano alla canzone napoletana, da Puccini a Paolo Conte ecc passando anche per (non vi scandalizzate) Le Vibrazioni e altri problematici personaggi rapper o hip-hop. Ma rifiuto le parodie.
Concludo davvero: Antonio facci ascoltare qualcosa. Possibilmente di "fortissimo" (in senso musicale, non sociologico) tale da far dimenticare alla tua sottoscritta estimatrice (pezzo da museo) la ridondanza dei segni di interpunzione seminati quando non c'è niente da dire, nè da capire.
Un saluto da..
l'arcigna mariaserena
@ibridamenti,
il giorno che diventerò stupido e poco critico abbattetemi pure. ;->
@carlogambescia,
hai perfettamente intuito quella che può essere la via di svolta.
La fase di istituzionalizzazione è quello che distrugge ogni fenomeno avanguardistico, che è sempre ricerca di nuove soluzioni atte a sincronizzarsi almeno con il mondo che ci circonda e trovare nuove soluzioni ai problemi che via via si pongono.
Anche il futurismo storico, dopo la fase eroica, fu sempre in bilico tra il necessario auto-aggiornamento e le tentazioni di farsi a sua volta accademia.
La vera avanguardia non è mai manierismo puramente formale, ma nasce sempre dalle mutate condizioni sociali.
Farsi interprete della rivoluzione contemporanea, in cui le trasformazioni hanno radicalmente mutato non solo le condizioni sociali ma anche le nostre modalità cognitive, è operazione, come tu dici, titanica.
Ma l'avanguardia è questa.
E' una sfida che in pochi conducono. Non ci sono premi, non ci sono riconoscimenti per quei pochi. Non ci sono soldi. Se fai soldi è difficile che stai facendo avanguardia. Se prendi troppi applausi difficilmente stai facendo avanguardia.
Lo si fa perchè ci si crede davvero e lo si crede davvero importante. Sperando di vedere nel modo giusto.
Accetto il tuo invito, Carlo. La sociologia neo/netfuturista si materializzerà presto. Certo, c'è bisogno di tempo per maturare alcune posizioni. Non c'è fretta. Non pubblicheremo nulla senza un vaglio critico più che scrupoloso.
Ma già stiamo sviluppando alcune strutture generali, che in sè contengono delle potenzialità rivoluzionarie. Presto ti farò vedere.
@Gabriele, purtroppo in questo paese è pieno di antiquari. Siamo la patria dell'antiquariato! Il peso dei capolavori passati ha schiacciato e schiaccia pesantemente la nostra creatività.
L'operazione che condussero i futuristi un secolo fa ha avuto successo per alcuni versi, ma non è stata recepita per molti.
Il cancro dell'accademia, del museo, ancora proibisce ai più di vedere il presente. Figuriamoci il futuro.
un caro saluto a tutti
cara Mariaserena,
puoi ascoltare tranquillamente Chopin. L'importante è non fermarsi a Chopin. ;->
Per scuoterti ti invierò qualche composizione elettronica via msn, anche se stiamo parlando di molti mega. Presto metteremo qualcosa anche su http://www.neofuturismo.it
Condivido tutto il tuo intervento. La paralisi musicale italiana è dovuta - l'ho già detto altre volte - all'incredibile esclusione di quest'arte dagli studi liceali. Tutto il resto è conseguenza di questo scempio. Senza conoscenza non nasce passione. Senza passione non nasce ricerca.
In Italia siamo dei trogloditi in campo musicale. E invece abbiamo una tradizione straordinaria, dalla musica rinascimentale a quella elettronica.
E' il passatismo che ci distrugge. Il culto del passato, seppur grande.
Ma noi stiamo qui per questo.
Se tutto andasse per il verso giusto, non avrebbe senso questo blog e tutto il movimento neofuturista.
un saluto e a presto, arcigna professoressa ;-)
L'Arcigna si dichiara soddisfatta della risposta.
E conta di ascoltare qualcosa di stravolgentemente elettronico l'8 dicembre.
HONNI SOIT QUI MAL Y PENSE... (cette hystoire c'est magnifique, n'est pas?)
e poi io sono o non sono
NOTEcellulari.splinder.com?
la acconteremo, arcigna prof.ssa.
ascolterà qualcosa che le aprirà orizzonti mai neppure immaginati ;->
siamo qui per questo.
niente NOTE, solo suoni e rumori. ;->
ma... ho capito male, o carlo si sta proponendo per scrivere il manifesto neofuturista della sociologia perpetuomovente?
;-)
il pensiero neofuturista non è condito da una serie di stilemi tecnici e artistici inevitabilmente destinati a diventare vecchi con il tempo, ma è quello di stimolare quel vortice mentale di continuo desiderio, ricerca e pulsione al nuovo e al miglioramento di sé stessi e delle proprie creazioni artistiche.
le creazioni artistiche neofuturiste muteranno sempre e sarà proprio questo loro mutare a connotarle come neofuturiste.
caro Giovanni, hai capito bene? male? non so. Certo, se Carlo ci volesse aiutare sarebbe il benvenuto. Le sue qualità analitiche in campo sociologico (metapolitico, direi) sono eccellenti.
comprensione e dominio del passato e tensione continua verso il futuro. il presente è un attimo.
ad futurum
Ciao Giovanni. Grazie.
Non mi dispiacerebbe. Ma devo pensarci un po'...
Antonio, se passi da un'edicola, prendi quel quotidiano che sai. Oggi il tuo intervistatore Sc., si occupa dell'inventore del Rosso Trevi.
Può essere interessante. Anche come confronto.
Ciao
Grazie della segnalazione, Carlo.
per il resto pensaci un po' su, non c'è fretta. ;->
ciao
Bah... Pensare seriamente che dopo la nascita dell'elettronica "la musica che avevamo conosciuto fino a quel momento era stata una goccia in un mare sconfinato" equivale ad ammettere di capire nulla di musica e delle sue ragioni. Come se il "miracolo" di un nuovo suono sintetizzato in laboratorio valesse la profondità di pensiero, di sentimento e di architettura di un concerto di Mozart, di una ballata di Chopin o di una sinfonia di Mahler. Pensavo che posizioni come queste fossero ormai superate, ma evidentemente c'è ancora qualcuno che si eccita al pensiero delle magnifiche sorti e progressive di un ipotetico mondo venturo, illuminato dalla tecnologia e dal progresso. Sveglia, la nostra civilà è in netto declino, e il nostro passato artistico è tra le poche cose da salvare. Davanti a noi c'è solo ulteriore massificazione e desolazione culturale, se non di peggio. Le avanguardie musicali - con abbondante uso dell'elettronica di cui parli - sono solo un segno della decadenza, della disumanizzazione e spersonalizzazione cui stiamo andando incontro da diversi decenni. Niente di più
Posta un commento
<< Home