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sabato, marzo 07, 2009

Manifesti futuristi e net.futuristi alla mostra mercato di Vitarte (14-16 marzo 2009)


In occasione dell’evento “Ad Futurum POST. Futurismo - Net.Futurismo” in programma a Viterbo come evento collaterale all’interno di Vitarte (14-16 marxo 2009), saranno esposti alcuni manifesti futuristi originali, gentilmente concessi da Francesca Barbi Marinetti, nipote del fondatore del Futurismo, che sarà presente in fiera nel pomeriggio di sabato per un breve incontro dibattito sul Futurismo. I manifesti in esposizione, selezionati dalla stessa Francesca Barbi Marinetti e da Antonio Saccoccio, sono cinque - Manifesto di Fondazione (Marinetti, 1909), Manifesto tecnico della letteratura futurista (Marinetti, 1912), L’antitradition futuriste (Apollinaire, 1913), Il Tattilismo (Marinetti, 1921), Manifesto futurista sulla cravatta italiana (Di Bosso, Scurto, 1933) - e intendono rappresentare la varietà della produzione futurista in questo particolare genere letterario. Il manifesto di fondazione (20 febbraio 1909) non poteva mancare all’appello, data la sua importanza indiscutibile per l’arte d’avanguardia italiana ed europea. Con il primo manifesto di Marinetti si gettano tutte le basi dell’avventura futurista, che si esaurirà solo con la morte del suo fondatore. L’audacia, il coraggio, la ribellione, la lotta all’accademismo, al moralismo e all’utilitarismo, il gesto distruttore dei libertari: sono parole che ancora oggi, ad un secolo di distanza, suonano modernissime. Durante i 35 anni in cui il Futurismo fu attivo, i manifesti prodotti furono centinaia e si occuparono di tutte le arti e dei più svariati campi. Fu senza dubbio Filippo Tommaso Marinetti il più dotato in quella che lui stesso definì “l’arte di far manifesti”. Molti manifesti firmati da altri futuristi furono integrati o corretti dal fondatore (notissimo il caso del Manifesto dell’architettura di Sant’Elia). “Bisogna sputare ogni giorno sull'Altare dell'Arte!”: questa è una delle affermazioni più audaci contenute nel Manifesto tecnico della letteratura futurista, che fu di un’importanza fondamentale nella storia del Futurismo e della letteratura italiana in generale. Tra le altre cose si proclamava la distruzione della sintassi e l’abolizione della punteggiatura, principi che influenzarono molti tra i più grandi poeti e prosatori italiani, da Ungaretti a D’Annunzio. Un caso a parte è rappresentato da L’antitradition Futuriste, manifesto scritto in francese (ma prontamente tradotto in italiano e pubblicato su Lacerba) da Guillaume Apollinaire nel 1913. Questo testo evidenzia non solo la penetrazione del Futurismo anche in altri paesi europei (e soprattutto in Francia, che era stata teatro dell’iniziale esplosione nel febbraio 1909), ma anche la varietà formale con cui potevano presentarsi i manifesti futuristi. Si tratta in realtà di un manifesto-sintesi, che presenta in forma schematica una doppia suddivisione antitetica, la prima tra “distruzione” e “costruzione”, l’altra fra “merda” e “rose” da distribuire a chi, per il poeta francese, le merita. Il Tattilismo è un manifesto scritto da Marinetti nel 1921. Probabilmente il fondatore del Futurismo elaborò l’idea insieme a Benedetta Cappa (che a quel tempo ancora non era sua moglie), anche se la questione resta ancora oggi piuttosto controversa. Di fatto si tratta di un manifesto “atipico” nella produzione di Marinetti, poiché vi compaiono temi normalmente a lui estranei, come questo accorato e significativo invito: “Date la pienezza e la bellezza totale a queste due manifestazioni essenziali della vita: l’Amore e l’Amicizia”. Conclude la serie il Manifesto sulla cravatta italiana, scritto negli anni Trenta da due futuristi “minori”: Renato Di Bosso e Ignazio Scurto. Dopo quasi 25 anni dal primo manifesto, il Futurismo riesce a produrre ancora idee originalissime, come la cosiddetta “anticravatta di metallo leggerissimo lucente duraturo”. Marinetti è ormai Accademico d’Italia, la sua carica rivoluzionaria è a detta di molti perduta, ma manifesti come questo confermano che la polemica contro la cultura borghese è ancora vivace. “Sono ridicoli quei giovinetti e quei ragazzi incravattati come diplomatici o come notai accidiosi”.

Antonio Saccoccio

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