Marcuse e la funzione dell'arte nella società moderna
Herbert Marcuse (1898-1979) è un autore dal destino assai curioso. Fu uno dei punti forti della contestazione degli anni '60, ma la sua fama sembra già da qualche lustro essersi appannata.
In realtà Marcuse fu uno dei massimi rappresentanti della Scuola di Francoforte e la rilettura di molte delle sue opere può essere molto utile al pensiero contemporaneo.
In "Eros e Civiltà" (1955), forse il suo capolavoro, Marcuse smachera, partendo dal pensiero di Freud, il modo in cui la società ha represso l'individuo. La società moderna, con il suo "principio di prestazione", ha privilegiato gli obblighi e i doveri lavorativi, annientando la sfera del piacere e della felicità. In questo discorso si inserisce la mortificazione, nella società moderna, dell'arte. L'immaginazione è in realtà fondamentale per permettere all'uomo di distaccarsi dall'efficientismo e di valorizzare la propria naturale propensione al piacere.
Ne "L'uomo ad una dimensione" (1964) la società appare ormai totalitaria, impone ogni cosa all'individuo massificato. Anche le classi tradizionalmente all'opposizione, come la classe operaia, sono state fagocitate da questo sistema. In questo modello la vita dell'uomo si riduce soltanto al bisogno di produrre e consumare. La libertà è massima, purchè sia inoffensiva e non avanzi critiche al cuore del sistema. "Le persone si riconoscono nelle loro merci, trovano la loro anima nella loro automobile, nel giradischi ad alta fedeltà, nella casa a due piani, nell'attrezzatura della cucina".
Ne "L'uomo ad una dimensione" (1964) la società appare ormai totalitaria, impone ogni cosa all'individuo massificato. Anche le classi tradizionalmente all'opposizione, come la classe operaia, sono state fagocitate da questo sistema. In questo modello la vita dell'uomo si riduce soltanto al bisogno di produrre e consumare. La libertà è massima, purchè sia inoffensiva e non avanzi critiche al cuore del sistema. "Le persone si riconoscono nelle loro merci, trovano la loro anima nella loro automobile, nel giradischi ad alta fedeltà, nella casa a due piani, nell'attrezzatura della cucina".
E la via d'uscita da questa situazione? Rispetto ad Eros e civiltà, in cui si dava grande importanza alle capacità creative dell'uomo, in quest'opera la via d'uscita è meno ispirata e per questo meno interessante. Marcuse immagina che a compiere la contestazione del sistema siano gli emarginati, gli sfruttati, i reietti della società.
Il Marcuse più attuale resta quindi quello condensato nell'espressione "l'immaginazione al potere". La filosofia deve appellarsi all'immaginazione, unico strumento capace di comprendere a fondo la realtà.
L’ultima opera di Marcuse ha per titolo nell’edizione italiana La dimensione estetica e nell’edizione tedesca Die Permanenz der Kunst, "La permanenza dell’arte", vista come dimensione fondamentale della convivenza sociale. E qui non possiamo non ricordare una delle più audaci espressioni del filosofo, quella "società come opera d’arte", che basterebbe da sola a rendere attraente l'intera sua opera.
L’ultima opera di Marcuse ha per titolo nell’edizione italiana La dimensione estetica e nell’edizione tedesca Die Permanenz der Kunst, "La permanenza dell’arte", vista come dimensione fondamentale della convivenza sociale. E qui non possiamo non ricordare una delle più audaci espressioni del filosofo, quella "società come opera d’arte", che basterebbe da sola a rendere attraente l'intera sua opera.
A quasi 30 anni dalla morte di Marcuse, a noi resta proprio quest'eredità: l'idea dell'immaginazione e dell'arte capaci di liberare l'uomo dall'invadenza della pressione sociale. Il Neofuturismo è perfettamente in linea con queste posizioni.
Antonio S.
Etichette: arte, filosofia, Marcuse, neofuturismo, uomo monodimensionale
5 Comments:
Decisamente interessante.
Questo blog sta diventando una mia frequentazione di routine. Complimenti
Ti ringrazio, PDB.
Sono passato da te.
Ora leggo meglio.
ciao!
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Antonio, hai detto: "La filosofia deve appellarsi all'immaginazione, unico strumento capace di comprendere a fondo la realtà."
Io non sono in accordo con te. Ha detto un gran uomo, Marcelino Menéndez Pelayo(1856-1912) in sul suo discorso di presentazione (1911) per il signore Adolfo Bonilla y San Martín per il suo ingresso alla "Real Academia de la Historia":
"Non è cosa più veramente comprensibilie che non abbia stato sutudiata basso il sguardo de la divina intuizione artistica."
Questa intuizione potrebbe capirsi comme la "immaginazione" cui tu hai riferito, Antonio, ma non può "lasciarsi" tutta la cognizione a questa. Impetus ille sacer qui vatum pectora nutrit, direi Virgilio; la immaginazione è la maestra, comme Beatrice, de la cognizione, ma non è la cognizione "per se".
Saluti
P.S.:Ho letto il tuo messaggio.
caro Gonzalo,
sono d'accordo con te.
Ho riportato il pensiero di Marcuse e ho detto di condividerlo.
Ma è ovvio che quella frase, così com'è, si presta ad essere intesa in modo estremo.
Volevo semplicemente mettere in evidenza l'importanza dell'immaginazione e quindi dell'arte nei processi cognitivi. Poi è chiaro che non possiamo affidarci soltanto a questi strumenti.
Ma ricordiamoci che tutti gli atti dell'uomo veramente importanti sono atti creativi, atti in cui l'immaginazione e l'intuizione sono sempre coinvolti.
ciao!
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