Beethoven e l'autonomia dell'artista
L’artista nuovo deve oggi opporsi con forza alle sconcezze del mercato dell’arte. Ma c’è un grande problema per l’artista contemporaneo: come procurarsi l’indipendenza economica, in modo tale da poter essere libero dai noti circoli di prostituzione artistica. Questo dell’indipendenza dell’artista è un problema che già uno dei più grandi artisti dell’età moderna aveva compreso perfettamente. Stiamo parlando di Ludwig van Beethoven. Compositore tra classicismo e romanticismo. Uno dei più grandi artisti di tutti i tempi. Leggiamo quello che pensava relativamente al problema dell’indipendenza economica dell’artista:
“Deve essere il fine e l’aspirazione di ogni vero artista di procurarsi una posizione in cui non infastidito da altri compiti o da preoccupazione economiche possa votarsi alle composizioni di grandi opere da offrire al pubblico…”
Questa dell’offerta al pubblico delle proprie opere è un’intuizione degna di un grande uomo. Non dimentichiamo che Beethoven aveva per il suo tempo una notevole cultura, frutto delle letture di filosofi, poeti e storici. E quindi non ci sorprende il forte senso etico che si coglie nell’affermazione che abbiamo appena letto.
Ora qualche spirito passatista avrà da ridire sostenendo che in passato l’arte era stata sempre legata a committenti di varia natura (Medici, Barberini etc.). Ebbene, questa visione ci preoccupa anche più dell’artista mercante. Questa visione è l’emblema di quel passatismo-staticità-palude che ha condotto l’arte nelle condizioni attuali. Noi stiamo pensando alle qualità che dovrà avere l’artista del futuro. Non a quelle che l’artista ha avuto fino all’altro ieri. Noi siamo creatori di pensiero, non archivisti-bibliotecari. Smettiamo di studiare il passato idealizzandolo. Si può, si deve progredire sempre. Ogni uomo vero, ogni neofuturista deve pensare che la vera arte deve ancora venire.
L’artista del futuro dovrà quindi liberarsi da condizionamenti economici.
Osserviamo bene coloro che vogliono arricchirsi con l’arte: sono nelle condizioni di quei vecchi ruderi che non aspettano altro che essere abbattuti.
“Deve essere il fine e l’aspirazione di ogni vero artista di procurarsi una posizione in cui non infastidito da altri compiti o da preoccupazione economiche possa votarsi alle composizioni di grandi opere da offrire al pubblico…”
Questa dell’offerta al pubblico delle proprie opere è un’intuizione degna di un grande uomo. Non dimentichiamo che Beethoven aveva per il suo tempo una notevole cultura, frutto delle letture di filosofi, poeti e storici. E quindi non ci sorprende il forte senso etico che si coglie nell’affermazione che abbiamo appena letto.
Ora qualche spirito passatista avrà da ridire sostenendo che in passato l’arte era stata sempre legata a committenti di varia natura (Medici, Barberini etc.). Ebbene, questa visione ci preoccupa anche più dell’artista mercante. Questa visione è l’emblema di quel passatismo-staticità-palude che ha condotto l’arte nelle condizioni attuali. Noi stiamo pensando alle qualità che dovrà avere l’artista del futuro. Non a quelle che l’artista ha avuto fino all’altro ieri. Noi siamo creatori di pensiero, non archivisti-bibliotecari. Smettiamo di studiare il passato idealizzandolo. Si può, si deve progredire sempre. Ogni uomo vero, ogni neofuturista deve pensare che la vera arte deve ancora venire.
L’artista del futuro dovrà quindi liberarsi da condizionamenti economici.
Osserviamo bene coloro che vogliono arricchirsi con l’arte: sono nelle condizioni di quei vecchi ruderi che non aspettano altro che essere abbattuti.
Antonio Saccoccio
Etichette: arte, avanguardia, Beethoven, neofuturismo, rivoluzione
9 Comments:
dire che la vera arte deve ancora venire è di una presuzione imperdonabile.
Cari neofuturisti, fatevi un bagno di umiltà
caro Frank, sono le persone come te che ci lasciano capire quanta strada ancora ci sia da compiere.
Come fai a non intendere quello che ho scritto? Voglio sperare che stai solo provocando.
Perchè quello che io ho scritto non c'entra nulla con quello che mi hai messo in bocca. Spero che avrai tu l'umiltà di rileggere e comprendere. Sempre ammesso che tu non sia uno dei tanti troll (e in questo caso verrai annullato al prossimo commento).
Certo che se interpreti tutti i testi con questo spirito avrai capito ben poco nella tua vita da lettore.
E ora ti saluto. Perchè fare polemiche su queste idiozie è davvero per me una perdita di tempo.
Se vuoi commentare, commenta il testo che ho scritto. Non creartene uno tuo a piacimento.
l'umiltà è sopravvalutata
inutile menzogna
per voluttà di consensi
più grande è il pensiero
maggiore è l'azione
tieniti l'umiltà
l'arbitraria attribuzione
di significato
sogna il passato
noi inventiamo il futuro
caro Saccocio ho compreso benissimo quello che hai scritto e potrei anche condividerlo, quello che non posso condividere è che tu scriva che "la vera arte deve ancora venire ".
Forse non negli ultimi tempi ma nei secoli precedenti sono state prodotte tali e tante opere di valore artistico inestimabile che non penso che voi possiate solo pensare di avvicinarvi.
FIguriamoci superarle.
Felice ovviamente di essere smentito con i fatti.
Quando potrò ammirare le vostre opere figurative e letterarie?
Se chedendotelo non ti offendi o mi dai del troll...
caro Frank, dispiace davvero incontrare la tua ostinazione.
Eppure il testo è talmente chiaro che non avrebbe bisogno di essere spiegato. E' già limpidissimo.
Io affermo:
"Ogni uomo vero, ogni neofuturista deve pensare che la vera arte deve ancora venire".
Che significa secondo te?
Che il neofuturista non deve porsi in atteggiamento di adorazione nei confronti del passato, non deve pensare all'arte del passato consideradola come la migliore possibile. Ma deve pensare che c'è sempre la possiblità di creare arte migliore di quella passata. Così è più chiaro? Senz'altro. Ma così si scrive per farsi capire dai bambini.
Franck, scusami, se hai problemi ad intendere una prosa vagamente evocativa e visionaria come la mia, come fai a comprendere la poesia (e parte della narrativa) da Baudelaire in avanti?
Davvero resto stupito.
Nessuno qui ha detto che la vera arte deve ancora venire. Si è scritto che "ogni neofuturista deve pensare che la vera arte deve ancora venire".
La intendi ora la differenza?
Tra le altre cose proprio questo post è dedicato a Beethoven, che descrivo come "uno dei più grandi artisti di tutti i tempi". Ma lasciamo stare, perchè il mio pensiero è fin troppo cristallino.
Sarebbe bello anche sapere con chi sto parlando. Non lo chiedo mai, ma nei casi in cui si provoca in modo tanto evidente, pretendo che ci si presenti almeno con un link o un nome/cognome.
un saluto
Antonio
p.s. perdonami, ma ho tremila impegni. Non posso permettermi il lusso di riscrivere 3 volte un post che è di una chiarezza così evidente. Mi piace discutere sul significato dei miei post, portando il pensiero ad un'evoluzione. Qui dopo 2 rispote sto ancora spiegando che 1 è uguale a 1. Non mi sembra nè una discussione, nè un'evoluzione. E' solo un pantano.
shh dormi
al tuo risveglio
se ti risveglierai
avrai fatti smentite felicità
adesso lasciaci lavorare
vabbè Saccoccio dimostra solo di essere una persona arrogante e supponente.
Se tutti i neofuturisti sono elastici come lei e si scaldano tanto per una domandina innocua stiamo freschi.
Intanto però neppure ha risposto alla mia domanda?
Dove si possono ammirare le vostre opere letterarie, figurative e musicali?
a parole è facile pensare che il meglio debba ancora venire, a parole .
Forza esponete le vostre opere, ma su internet non risulta che abbiate pubblicato nè esposto nulla in alcuna città.
Se voi siete i creatori della miglior arte stiamo freschi...
Se invece effettivamente avete esposto o esponete a breve fatemelo sapere che sarò il primo a venire.
Io sono di Roma, non ho siti ma sono un estimatore dell'arte futurista.
QUindi Saccoccio, visto che Lei se non sbaglio è il fondatore del neofuturismo segnali appena puoi le vostre mostre e le vostre pubblicazioni.
O parecchi amici interessati a vedere le vostre creazioni.
A presto
Frank, sono 3 giorni che offri uno spettacolo deprimente su questo blog: tra manifesta incapacità di comprendere un testo chiarissimo, provocazioni da bar dello sport, errori di ortografia degni di un asino matricolato.
Ogni tanto capita l'imbecille di turno e lascio i suoi commenti per far ridere il lettore neofuturista. Sei tra questi, carissimo.
Ma è stato l'ultimo tuo commento.
Finora è stato divertente. Oltre perderei tempo.
Caro Frank, per gente come te, e siete in tanti, ci vorrebbe l’umiltà di un prete, il quale è umile perché è in missione per conto di Dio. È in questa sua convinzione che il prete opera con umiltà, in quanto crede, e in questo credo si attacca voracemente con fede, di essere realmente incaricato da Dio nel suo operare, non certo dalla sua volontà, e questa si chiama umiltà; la stessa cosa voleva dire Antonio, il Futurista pensa alla propria arte come fosse qualcosa di mai raggiunto prima, crede in questo con salda fede, in quanto il suo obiettivo è creare ciò che deve ancora essere creato: il Futuro. Se ciò non avvenisse, cioè il pensare il Futuro, ci dovremmo annichilire tutti quanti sulla stupidissima idea che la storia è finita. Ma visto che parli di arte del passato in termini di decorazione, cioè consideri il bello delle opere dei secoli passati giudicandole da ciò che i tuoi occhi vedono, o meglio, credono di vedere, non avendo assolutamente cognizione del significato che le opere del passato trasmettevano ai loro contemporanei, e quindi consideri esteticamente bello una decorazione – la decorazione è una bella cosa ma non è arte, e l’arte del passato che tu ammiri con occhi da decoratore non è decorazione -, se ti interessa veramente capire ciò che Antonio tanto pazientemente ha cercato di spiegare a noi tutti, allora devi cominciare a toglierti la tua presunzione e sforzarti di capire perché consideri l’arte del passato tanto meravigliosa, allora, forse, potrai arrivare a capire persino quello che qui ha inteso Antonio. Per fare ciò ti suggerisco di leggere uno dei testi fondamentali per capire l’arte come Tradizione, di A. K. Coomaraswamy dal titolo La trasfigurazione della natura nell’arte, il libro ha il vantaggio di essere breve, solo 174 pagine, ma il suo contenuto è chiaro rispetto a ciò che nel passato spingeva l’artista a creare la sua opera, e a come il fruitore dell’opera si poneva nel giudicarla, in proposito ti cito queste parole di Coomaraswamy che ci spiegano in modo chiaro quale fosse l’approccio del pubblico dell’opera d’arte dei secoli che ci hanno preceduto:
“Nell’uso concreto dell’immagine materiale, essa deve essere predisposta all’adorazione attraverso una speciale cerimonia di invocazione; e qualora l’uso dell’immagine si intenda temporaneo, essa va successivamente sconsacrata tramite una formula di congedo. Fuori del periodo di pūjā, cioè prima della consacrazione e dopo la sconsacrazione, l’immagine non riveste alcun carattere sacro, come qualsiasi altro oggetto concreto. Non è il caso di pensare che la divinità sia fatta discendere nella immagine o recedere da essa, per il semplice fatto che l’onnipresenza non si muove; piuttosto, queste cerimonie sono autentiche proiezioni dell’atteggiamento mentale dell’adoratore nei confronti dell’immagine. Tramite l’invocazione egli annuncia a se stesso la propria intenzione di usare l’immagine come mezzo di comunione con la divinità; con il rito di congedo egli annuncia che il culto è stato compiuto e che l’immagine ha cessato di fargli da tramite nei confronti della divinità.
È solo per un cambio di punto di vista, psicologicamente equivalente a quello della sconsacrazione formale, che l’adoratore, avvezzo a considerare l’icona uno strumento di devozione, giunge a valutarla come mera opera d’arte, senza altro scopo che quello della sua percezione sensibile. Viceversa, lo studioso moderno di estetica e lo storico dell’arte, avvezzi solo a occuparsi delle superfici estetiche e delle sensazioni, sono incapaci di concepire l’opera come il prodotto necessario di una determinata intenzione, ossia come qualcosa dotato di scopo e utilità. Tra i due, l’adoratore per la cui esigenza l’opera d’arte è stata prodotta, e l’estetologo che si sforza di isolare la bellezza dalla funzione, il più vicino alla radice della realtà è certamente il primo.”
Ecco, caro Frank, tu sei come il professore, come l’estetologo, consideri l’arte una cosa inutile, da giudicare superficialmente secondo il tuo gusto personale, e seguendo questo tuo personale giudizio di valore consideri le opere del passato più belle di quelle del presente o del futuro, e poi vieni a fare la romanzina a noi altri sulla nostra presunzione!?!
Antonio è come l’adoratore, cioè considera l’arte come un atto che può portare l’uomo a penetrare ciò di cui è massimamente dotato: lo spirito.
Ancora. Parliamo di pop art, se tu prendi un qualsiasi quadro di Andy Whorol e lo giudichi secondo il suo rappresentare più o meno precisamente un’opera di pop art, è ovvio che lo dovresti considerare una pessima opera di pop art, visto che un qualsiasi quadro di Whorol vale un miliardo di volte il suo peso in oro; al contrario se ti avvicini a una qualsiasi bancarella turistica di una qualunque città turistica del mondo, e, per esempio, vi compri la riproduzione della torre di Pisa made in Cina per 50 centesimi di euro, puoi essere sicuro che tale oggetto è più bello di una qualsiasi opera di Whorol, se ovviamente il giudizio viene dato seguendo la conformità delle due opere rispetto al concetto di pop art!
Infine, chiedi prove di ciò che scriviamo, anche a Gesù chiesero prove della sua reggenza, egli andò quindi sulla croce, io non sono nemmeno lontanamente l’ombra di Gesù, per cui non salirò sulla croce e ti darò prova di ciò di cui parlo.
Prendi un qualsiasi editor wave, sul lato destro ci metti una qualsiasi opera di Beethoven, su quello sinistro ci metti – prendendola dal mio sito: http://www.vitaminic.it/artist/ozky/tracks/ – la prima parte di Materia primA Cairo vol. 1. Mettiti la cuffia ad un volume adeguato, e ascolta per mezz’ora. Alla fine di questa esperienza i casi sono due:
1. Vivi fuori da questo mondo, in un tuo mondo idealizzato e vorresti tornare bambino per potere vivere la tua vita nel mondo dei balocchi.
2. Ti rendi conto che il tuo fisico, per non si sa bene quale ragione, propende per provare attrazione per i suoni-rumori della città, in quanto la tua parte interiore avverte che la realtà della vita è una conquista da persone adulte, e quindi è da adulti che andrebbe affrontata e risolta la vita, non solo, ma cominci a convincerti che il mondo che ti circonda è sì pieno di problemi, ma capisci che è la realtà, e se sei capace di affrontare la realtà per quella che è sei anche in grado di vivere la tua vita di uomo come dovrebbe essere vissuta: nella realtà.
3. Ti concedo anche la terza via: la musica non è altro che un parco dei divertimenti fatto per potere rilassare la mia mente dal logorio della vita moderna, l’arte dovrebbe semplicemente intrattenermi e farmi dimenticare le difficoltà della vita, quindi Beethoven è senz’altro più piacevole di quei rumori gorgoglianti di quella sottospecie di futurista che si fa chiamare artifex. In questo caso sappi che hai scambiato l’arte per intrattenimento, quest’ultimo maledettamente importante, ma l’Arte non è intrattenimento!
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