I nativi digitali esistono ma... c'è chi è più nativo di loro
Si è aperto un bel dibattito nei giorni scorsi su quelli che vengono ormai chiamati "nativi digitali". Ha iniziato Antonio Fini con un post interessante e documentato. Ha continuato intelligentemente Gianni Marconato, con il suo solito argomentare deciso. La tesi, definita provocatoria da loro stessi, è che i nativi digitali sono sostanzialmente un mito.
Non posso a questo punto non pronunciarmi, dato che la questione è assai delicata e a mio avviso decisiva.
Non posso a questo punto non pronunciarmi, dato che la questione è assai delicata e a mio avviso decisiva.
Sarò subito chiarissimo e al tempo stesso provocatorio.
Per me i nativi digitali esistono.
E tuttavia per me Antonio Fini e Gianni Marconato hanno comunque ragione.
Mi spiego.
E' indubbio che chi è nato e cresciuto in piena rivoluzione neo-tecnologica porta con sè qualcosa di profondamente differente rispetto a chi è nato e cresciuto prima di quella rivoluzione.
Questo è un dato di fatto che non metterei mai in discussione. E quindi per me i nativi digitali esistono.
Quello che invece dobbiamo valutare con attenzione è cosa intendiamo per "nativo digitale".
Io credo che l'essere nativo digitale non debba in alcun modo dare per scontata la conoscenza e la competenza in ambito digitale di quel nativo. Il discorso è a mio avviso più profondo e complesso ed è per questo motivo che la questione è davvero cruciale. Nascere e crescere in un mondo stravolto in pochi anni dalla rivoluzione neo-tecnologica implica un radicale cambiamento dei processi cognitivi di base. Un bambino oggi non prende possesso del mondo nello stesso modo in cui io ho preso possesso del mio mondo durante gli anni Ottanta. Questo è davvero importante. Non è importante quanto quel bambino oggi sia più bravo di me nella gestione delle funzioni di un cellulare o della navigazione sul web. O almeno, non è questo il punto fondamentale della questione.
Antonio Fini ha ragione quando afferma che i ragazzi hanno spesso una padronanza molto limitata del pc e soprattutto della navigazione sul web. Alcuni sanno fare ben poco, altri di più, ma praticamente tutti non possiedono il controllo del mezzo. E allora è giusta la sua considerazione finale: bisogna guidare innanzitutto i ragazzi alla gestione e al corretto sfruttamento delle risorse offerte dal nuovo mezzo.
Un passo più in là si spinge Gianni Marconato, che giustamente richiama l'attenzione su un grave problema della scuola: al di là della questione dei nativi digitali, resta il fatto che i docenti attuali non sanno confrontarsi con le esigenze dei ragazzi del nuovo millennio. Quello del divario generazionale è un problema che esiste da sempre, ma - e noi net.futuristi lo sosteniamo da anni ormai - la rapidissima esplosione della rivoluzione neo-tecnologica ha amplificato questo divario in modo drammatico. Non sono le conoscenze e le competenze tecnologiche a creare la frattura tra nativi e immigrati digitali! E' la struttura mentale più generale di quei ragazzi! Che è stata trasformata da quei nuovi mezzi (e Marconato lo nota bene nel suo post)! Ed è per questo - aggiungiamo noi - che c'è bisogno di una nuova avanguardia, in grado di interpretare in modo adeguato questa delicata e rapidissima fase di transizione.
Studiosi come Fini e Marconato mostrano di avere ben focalizzato il problema, più o meno nella stessa misura in cui l'ha individuato il net.futurismo: la mancanza di relazione tra ciò che si studia a scuola e ciò che serve nella vita di tutti i giorni. Questo è il punto.
Si tratta ora di trovare le strategie per uscire da questa penosa situazione.
Noi alcune le abbiamo già trovate. E le ribadiremo nei prossimi post.
La mia impressione è che paradossalmente toccherà proprio agli immigrati digitali fornire le giuste chiavi di accesso al mondo rinnovato dalla neo-tecnologia digitale. E d'altra parte quel mondo digitale l'hanno creato proprio coloro che oggi sono definiti immigrati digitali.
Insomma.
I nativi digitali esistono ma... c'è chi è più nativo di loro.
Antonio Saccoccio
Etichette: Antonio Fini, didattica, Gianni Marconato, immigrati digitali, nativi digitali, netfuturismo, nuove tecnologie, scuola
19 Comments:
Antonio concordo su tutta la linea: la "questione digitale" esiste. L'ho detto e me ne hai dato atto.
Ribadisco e ribadisci che il vero tema non è la competenza digitale del giovane ma, come tu syesso dici: "... E' la struttura mentale più generale di quei ragazzi!" che è cambiata anche e solo in parte per le tecnologie.
Come questa struttura cognitiva sia cambiata - anche in peggio, per alcune questioni come l'attenzione superficiale, l'approccio "skimming" (l'atto di raccgliere la panna nel latte) alla conoscenza ed altro ... meriterebbeo seri studi, non quelle rimasticature di letteratura che si vedono in tante "autorevoli" pubblicazioni. Continua la tua riflessione che io continuo la mia e ci intrecciamo online nei blog ed altro
Ciao
Concordo con la tua/vostra definizione del nativo digitale.
L'essere nativo digitale è un fatto che riguarda l'intera generazione di questi anni e non solo chi, tra noi ragazzi, ha una conoscenza superiore del mezzo informatico.
Ribadisco anch'io, quindi, che "nativo digitale" non è sinonimo di "competente digitale". E' tuttavia innegabile come i giovani riescano ad approcciarsi (sempre con tutte le eccezioni che una generalizzazione del genere ha implicite) in maniera più spigliata e "naturale" al mezzo digitale di quanto faccia un adulto della sua stessa fascia socio-culturale (un problema ricorrente della società e che si manifesta in ogni forma di comportamento: dalle gravidanze impreviste, ai fumatori, agli alcolisti ecc...)
La risposta che in ambito scolastico è stata data al problema del rapporto con la tecnologia è l'inserimento di una "educazione tecnica dell'informatica" (patente ecdl per intenderci) che, per ovvi motivi, si limita a far crescere le competenze dello studente senza tuttavia portarlo ad un uso critico del mezzo, passo necessario e fondamentale affinché se ne usino a pieno le potenzialità.
Quella che sembrerebbe necessaria quindi, e di cui ora sembra esserci bisogno, è una nuova materia: "l'educazione civica al digitale".
Ma, a mio avviso, anche questa materia non riuscirebbe nell'intento di portare ad una vera competenza. Rimarrebbe comunque una materia vuota, fine a sé stessa, incapace di essere digerita e utilizzata quale giusto abituale metodo di azione .
Così come l'educazione civica (parlo con la mia esperienza di studente) resta un insieme di belle parole, totalmente sconnesse dall'agire quotidiano, così resterebbe una materia che avesse come suo unico scopo quello di insegnare un metodo.
Proprio per questo, l'unica soluzione capace di risolvere il problema, mi sembra, sia quella di fare un balzo in avanti, utilizzando il mezzo internet ed il computer per lo studio delle materie “consuetudinarie” (dall'italiano alla matematica, passando per le lingue) e non come qualcosa di esterno al sapere normale. Insomma bisogna utilizzare internet, proprio come si utilizza e come si sa utilizzare un libro!
Ma per attuare questo, più ancora che per altre soluzioni, non si può prescindere dal richiedere una preparazione agli immigrati digitali!
Io credo che la questione dei nativi digitali diventi problematica solo in seno all’ignoranza che crea mostri o alieni. I nativi digitali esistono di per sé come generazione che ha cominciato a confrontarsi con le nuove tecnologie dalla nascita. Ciò che invece determina scoramento è il divario epistemologico e di comprensione del fenomeno che si crea solo nel momento in cui chi si confronta con questa generazione sia sprovvisto della minima conoscenza tecnologica perché si è autoescluso dalla rivoluzione digitale ed è diventato incapace non solo di rapportarsi ai ragazzi ma anche di riconoscere quanto questi siano lontani dallo sfruttare appieno le reali potenzialità accrescitive del mezzo e di come essi procedano in questo mondo in modo assolutamente autodeterminato.
Quindi in sostanza mi trovo in accordo con te e Gianni Marconato nel sostenere che in realtà la questione dei nativi digitali è solo un falso problema che ha tuttavia aspetti interessanti da indagare. ;)
@Gianni, concordo. Problemi come quello del calo dell'attenzione sono da me sotto osservazione quotidiana. Sto cercando di ovviare adottando differenti strategie. Ti dico quella finora sempre vincente: emozionare i ragazzi, parlare loro con passione. Questo li può "distrarre dalla disattezione". ;-)
In fondo pensiamoci: cosa non può darci una macchina anche perfetta come un pc? le emozioni. le passioni. riflettiamoci. e continuiamo ad intrecciarci.
@Giulio, sicuramente è quella che indichi la strada da perseguire e che perseguiremo come net.futurismo. Infatti il punto di arrivo sarà quello di dotare ciascuno studente del proprio minipc. Ma ci vogliono dei passi intermedi prima di arrivare a quello stadio.
@Elisa, chi si è autoescluso da questo decisivo momento di transizione è vittima di incurabile passatismo. Noi dobbiamo combattere costoro e anche i presentisti che usano in modo disastroso i nuovi media. La battagli è appena iniziata.
ad futurum
http://thefuturist.splinder.com/post/20267096/TRANS+FUTURISMO+MANIFESTI+E-Bo
*AL PRIMO NET-STORICAMENTE DEI NATIVI DIGITALI. Roby G.
* I'M SORRY PENSAVO IL LINK POI ATTIVO- COMUNQUE DAL POST RIFERITO A TRANS-FUTURISMO I MANIFESTI DEL CENTENARIO DI FERRARA E-BOOK
FUTURIST EDITIONS NEL POST I LINK
...DAL POST
Poi:Il quasi ormai storico webmanifesto delle Giubbe Rosse del 20 2 2007 dei primi neofuturisti equipe del web (Brugnoli, Saccoccio e altri), il primo -doveroso e oggettivo- stesso manifesto futurista postinternet dello stesso Saccoccio (2005), non presente a Ferrara (ora con il suo gruppo Netfuturismo promotore del web come nuova cultura tout court), abbastanza affini, impregnati da una nuova visionarietà e spiritualità elettronica, postpolitica e finalmente postnovecento.
*A Cesare quel che è di Cesare.
Antonio, ha fatto un'ottima analisi, dividendo l'aspetto generazionale dalle competenze.
La "questione digitale" è sicuramente un'ulteriore elemento di crisi nella scuola che si aggiunge e si intreccia ad altri non legati alle tecnologie come la perdita di prestigio sia dell'istituzione che della professione docente, la fine dell'alleanza scuola-famiglie ecc.
sì, Antonio. Sicuramente non è mia intenzione adottare una visione esageratamente deterministica. Tuttavia ho l'impressione che davvero la questione digitale sia decisiva.
Continuo a seguirti, e vediamo cosa ne può uscire. In fondo qui sul web possiamo almeno operare riflessioni in totale libertà. Come dovrebbe essere sempre.
un saluto e a presto.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Paolo, noi ci siamo.
E siamo con i nativi e con gli immigrati digitali.
Perchè siamo nativi e immigrati insieme.
Di idee e proposte ne avanziamo.
Continueremo.
Toccherà anche agli altri poi darsi una mossa.
vedremo.
adf
Letto con grande interesse. Direi che un aspetto curioso ulteriore (forse marginale?) è che vi sono non nativi digitali, chiusi o autoesclusi dal pc, ma che poi interagiscono con altri strumenti elettronici compresa la strumentazione di un'automobile o elettrodomestici o telefonino ecc.
Lo strumento pc è diverso (mi ostino a considerarlo lo comunque strumento) non tanto perchè comunque interagisce e mette alla prova l'utente, quanto perchè propone una rappresentazione del reale, ma anche di sè stessi, potenzialmente diversa da quella tradizionale e anche da quella, ormai sostanzialmente invasiva, degli old media.
La rappresentazione del reale mediata dal pc ha un impatto importante sul cervello, sulla psicologia, sulla modalità di relazione.
Ovviamente ne rilevo la presenza, non sono competente a discuterne tecnicamente,
Abbiamo a volte osservato fenomeni di trollismo, di isteria mediatica, di aggressività comunicativa: tutti fenomeni molto insoliti e assai rari ad essere manifestati nella comune comunicazione interpersonale diretta.
Mi viene in mente, solo a mo' d'esempio e per analogia, quello che accadeva negli anni cinquanta-sessanta allorchè il telefono entrò nelle abitazioni di tutti.
Ricordo il fenomeno (allora non raro) di chi, irritandosi o disturbato dall'interlocutore che, fierissimo della bravata, attaccava il telefono in faccia oppure, se doveva discutere o insultare qualcuno preferiva una telefonata al confronto verbale.
Perchè?
Uno sdoganamento di istinti repressi (forse con qualche ragione) da un'educazione abbastanza borghese e convenzionale?
Oggi questo succede molto meno al telefono; allora
perche invece lo registriamo di frequente come l'aggressione agli interlocutori (anche sconosciuti) sui siti, sui forum, sui blog?
Come ci confrontiamo quando siamo mediati dal pc? in quale modo vediamo o rappresentiamo in noi, nella nostra mente e nella nostra emotività, l'altro quando comunichiamo su web?
A questo punto la scuola non potrebbe o dovrebbe sfuggire all'educazione di queste modalità.
Ma è questo l'ambito?
Basta inventare una nuova materia?
Io non lo credo.
E per concludere: rimango abbarbicata alla convinzione che solo partendo da un'organica e fondata conoscenza del passato si possa costruire il nuovo. I ragazzi devono studiare bene il passato; bene non significa pedantescamente, ma significa (in ambito umanistico-letterario) in modo diretto e con ampie letture degli autori anche tradotti. (Lo so, non scopro nulla di nuovo, solo ci tengo a lasciarmi identificare.)
La conoscenza consapevole del passato ci consente distinguere il nuovo autentico dal taroccamento. E consente di fare chiaro in noi stessi. Non a caso quando si parla di mito da una parte alludiamo a una finzione o a una simulazione, ma dall'altra rappresentiamo un'amplificazione o uno stereotipo della nostra realtà o di ciò che consideriamo tale.
Scusate la lunghezza dell'intervento.
Antonio, linko su splinder.
ciao
Mariaserena, queste tue ottime riflessioni dimostrano ancora una volta la necessità improrogabile di una continua analisi di ciò che sta accadendo dopo/durante la rivoluzione digitale.
La nostra sensibilità, la nostra emotività, le nostre relazioni sono state trasformate. Non si possono avere dubbi su questo.
Psicologicamente siamo tutti sotto stress. Io stesso, pur riflettendo molto sul fenomeno, a volte mi sento comunque condizionato troppo dai nuovi media, che offrono possibilità enormi (e questa nostra discussione ne è un esempio nobile) ma anche una certa difficoltà di adattamento a livello fisico e psicologico.
Sorprende davvero la mancanza di attenzione da parte di molti che invece dovrebbero essere in prima linea.
Guardate la televisione. Sembra voler continuare a censurare internet ancora. Non offre possibilità di riflessione, analisi e critica su questi temi caldissimi.
La televisione continua a farci rivedere Piramidi, Stonehenge e cerchi nel grano!!!
E i nuovi media? Dove sono?
La televisione non informa dei nuovi media il pubblico di medio livello. E per questo oggi la riflessione sui nuovi media è confinata sui nuovi media. Anche questa è una cosa su cui vale la pena riflettere.
ad futurum
Infatti Antonio, la televisione è conformismo puro o, vorrei dire piuttosto, passivizzazione brutale.
Tutto, in tv, è schematico e autoreferenziale.
I cosiddetti intellettuali, analisti economici, politici e così via vanno in tv e subiscono lo schema imposto dalla conduttrice o dal conduttore o si genuflettono all'anchorman; anche per questo ciò che dicono non è finalizzato ad informare o interpretare quanto piuttosto a autoconvogliarsi verso un flusso comunicativo condiviso perchè convenzionale e che assicura di essere invitati a vita. Anche le finte discussioni ("fammi parlare!" "tu mi hai interrotto!" "Io ti ho ascoltato ed ora tu devi ascoltare me!" si esauriscono in danze (minuetti?)di pseudocomunicazione che di culturale e di nuovo non hanno nulla.
I nuovi media hanno qualche barlume, ma più spesso hanno complessi di edipo nei confronti della mater tv.
Tuttavia il coraggio e l'audacia vi si possono esprimere come accade, ad esempio, per il Netfuturismo.
Sì, Serena.
Il vero problema è sempre il solito che noi denunciamo da tempo: viviamo nella civiltà del consenso mediatico. E fino a quando non ne usciremo la tv sarà vista sempre con rispetto e timore.
Molti internauti sono ancora in una fase di passaggio, una fase in cui usano internet ma sono ancora anestetizzati e pilotati da televisione e simili. Quindi la battaglia è nel vivo.
Occorre aprire il fuoco a partire da questi nuovi media, per poter poi attaccare pesantemente e decisamente i vecchi media.
Gli old media hanno alzato le barricate, stanno facendo la guerra ai new media da tempo.
Questo è anche uno dei motivi per cui esiste questa ignoranza a proposito di web e dintorni.
L'uso imbecille delle nuove tecnologie esiste anche perchè televisione e simili non stanno partecipando attivamente alla difficile fase di transizione.
Chi lavora negli old media si sente minacciato, insidiato, perchè sa che se il lavoro si sposterà verso i nuovi media occorreranno competenze nuove e più flessibili.
E poi c'è un'altra cosa: sul web, è noto, è pieno di cialtroni ignoranti, ma è pur vero che nessuno può impedire ad una persona intelligente di scrivere e farsi conoscere. Nella vita reale tutto questo non è sempre possibile. Parlano meno gli ignoranti, è vero, ma parlano meno anche coloro che hanno qualcosa di intelligente da dire.
Tutto questo, per chi vive nella società dei privilegi e delle "conoscenze amiche", è visto come un pericolo.
Ma noi questo desideriamo: la resa dei conti finale.
ad futurum
"parlano meno anche coloro che hanno qualcosa di intelligente da dire"
Ottimo Antonio! anche perchè le cose intelligenti possono essere schematizzate (anche se non sempre) e rese essenziali.
Mentre le cialtronerie impapucchiano lunghi bavosi discorsi che si appiccicano tentando di rendere opaco il pensare.
A proposito:
viva la spadaparola!
viva la laserparola!
cara Maria Serena, la spadaparola è realmente l'unica via per ridare forza alla nostra straordinaria lingua.
I cialtroni scrivacchiano tanto e male.
I capaci usano parole taglienti come lame.
ADFUTURUM
Si, probabilmente lo e
molto intiresno, grazie
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