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mercoledì, ottobre 09, 2013

Disordini in Accademia: futuristi, passatisti e presentisti tra performance e vita vera

Domenica pomeriggio, quasi rissa all'Accademia di Belle Arti di Roma. Nel corso dell'evento Corpi di-segni d'arte (curato da Vitaldo Conte e con la partecipazione, tra gli altri, di Salvatore Luperto e Lamberto Pignotti) è stato presentato il cd Pulsional RU.MO.RE! (Avanguardia 21 edizioni). Sono intervenuti i curatori del progetto: Vitaldo Conte, Antonio Saccoccio, Helena Velena. I primi due hanno esposto le basi storiche e teoriche su cui si innesta il progetto, dal punto di vista poetico (V. Conte), musicale e d'avanguardia (A. Saccoccio). A questo punto è intervenuta Helena Velena, che ha contestualizzato politicamente e socialmente il fenomeno, e lo ha fatto con la solita energia fisica e ideale: ne è nato un pandemonio. Dopo circa dieci minuti un paio di persone hanno iniziato ad agitarsi più del normale, interrompendo Helena, criticandola, arrivando presto ad offenderla. A freddo, è necessario capire cosa è successo realmente. Lo scandalo non è stato tanto nei contenuti pesanti da lei proposti, perché altrettanto pesanti erano state le considerazioni di chi l'aveva preceduta. Il pubblico in queste occasioni è talmente accomodante e accomodato sulle accademiche sedioline che non si sognerebbe mai di intervenire a quel modo. A risvegliarlo è stato il tono usato da Helena, che è semplicemente il suo tono, polemico, ribelle e indignato. Ciò che ne è uscito è nella tipica tradizione d'avanguardia: il pubblico intervenuto ha chiesto "rispetto", rispetto del proprio "gusto", con puntuali richiami all'ordine, al rispetto del potere costituito, e del senso comune, sbandierando frustrazione e rabbia decennale, ignoranza senza confini, personalissimi insulti, prima timidi e via via crescenti man mano che la frustrazione e il senso di impotenza in loro aumentava. Il tutto proseguendo anche quando l'evento era finito da un pezzo. Inutile raccontare che più le proteste e gli insulti aumentavano più noi pulsionalrumoristi eravamo visibilmente soddisfatti. Sentire gente che, mentre parli d'avanguardie, difende a spada tratta Gino Paoli e Ottorino Respighi, non può far che sorridere teneramente. Sentire gente che in discorsi d'avanguardia pretende il rispetto per il pubblico fa ridere grassamente. Erano cascati in una trappola banale, il secolare scontro passatisti-futuristi, da cui per ignoranza non riuscivano ormai a tirarsi fuori (la storia, in questi casi, sarebbe davvero maestra, almeno per evitare figuracce del genere). Erano alla fine in due su cinquanta a protestare, forse tre. Abilmente chi aveva riconosciuto la dinamica si era smarcato e aveva preso le distanze. Emblematico in questo il professor Giorgio Di Genova, che si autodefiniva a quel punto "non pubblico". Ma cosa facevano gli altri spettatori? La quasi totalità era bloccata sulle sedie, non reagiva neppure come i due di cui sopra. Solo ad evento concluso arrivavano in tanti a complimentarsi per aver "finalmente ravvivato questi incontri", perché "c'è bisogno di cose come queste in questo ambiente". Questo potrebbe sembrare incoraggiante, ma purtroppo non è tutto come sembra. Come gli insulti di un passatista, per giunta ignorante, possono essere super-graditi a chi vuol portare aria nuova, i complimenti possono risultare imbarazzanti. Il motivo è semplice: la maggioranza delle persone che aveva partecipato come pubblico all'evento (e che mostrava apprezzamento per noi) aveva percepito e definito l'intervento di Helena come una "performance". Helena aveva il suo bel da fare nel ribadire: "Guardate che quella non è una performance, io sono così, parlo così, mi agito sempre così". Cosa che posso confermare, anche in un bar o un locale Helena si agita e parla a quel modo: chi sente davvero qualcosa non ha bisogno di fare una performance per essere vitale. Ma in Accademia non c'era nulla da fare. Il pubblico, costituito in prevalenza da persone avvezze ad avere a che fare con l'arte e gli artisti, aveva imprigionato la forza dell'intervento di Helena nell'ambito dell'Arte, distanziandola così dalla Vita, l'unica cosa di cui Helena (e il sottoscritto) vogliono parlare. Questo episodio la dice lunga sul livello di crisi del mondo dell'arte contemporanea. Chi vive a contatto con quel mondo non è capace più di percepire nulla di reale, di vero, di vivo e vitale. Riconduce tutto ad una categoria chiusa e morta, tenuta in vita artificialmente, con danno di tutta l'umanità. Qualcuno ha affermato anche diplomaticamente: "Bella la performance, certo i contenuti sono per me discutibili". Che? Se di una cosa non mi piacciono i contenuti, la contesto, non dico che è "bella"! Forse allora sono più vivi i passatisti che hanno protestato, insultato ed esibito volgarmente la loro ignoranza? Forse dobbiamo preferire loro? Beceri, ma ancora un po' vivi? Forse sì, forse no...
Un passo indietro nel secolo scorso. Quando futuristi e dada provocavano il pubblico nei teatri o per le strade non volevano fare "performance", volevano ricostruire il legame tra arte e vita, volevano portare la vita nel mondo morto dell'arte. Erano persone sempre performative, perché erano vive, e non lo erano solo quando erano sul palco, lo erano sempre, anche e soprattutto quando discutevano tra di loro, quando non c'era un pubblico presente. Era una "performance" il tirarsi a vicenda arance e patate in faccia? No, si voleva solo svegliare il pubblico che dormiva sulle poltrone del teatro, si voleva ristabilire il contatto vitale con il pubblico. Non si voleva essere applauditi per la performance. Questa è una degenerazione dei nostri tempi, in cui vediamo l'attore-artista che si mette una maschera e fa la propria performance simulando parti di vita, performance perfettamente ridicola perché in realtà estranea alla propria vita. La performance è  pura finzione, puro presentismo, realtà addomesticata. L'urlo della vita definito "performance" è la sconfitta dell'essere umano. Estetizzare un urlo autentico assorbendolo nella dimensione rassicurante dell'arte è come scambiare un guerriero autentico per una maschera di carnevale. L'urlo di Helena scambiato per "performance" deve farci quindi riflettere, deve metterci paura sullo stato di degrado a cui è giunta l'estetizzazione e la spettacolarizzazione di ogni aspetto della vita.
In fin dei conti i complimenti alla performance sono presentisti, tanto quanto è passatista il musicista che si alza e loda Respighi. Con la differenza che mentre l'antidoto al passatista è stato trovato da tempo (quasi tutti ormai riconoscono nel passatista ignoranza, viltà e beceraggine), quello al presentista è ancora tutto da scoprire. Il presentismo è oggi vincente, anche tra chi non è totalmente sprovveduto. Per demolire il presentismo occorre demolire la categoria dell'Arte, occorre vaporizzarla fino a dissolverla. Non c'è altra via. I presentisti tendono a recuperare all'interno dell'Arte qualsiasi cosa di minimamente fuori dall'ordinario. E se qualcosa è eccessivo per i loro gusti, allora diventa una "performance". L'urgenza della vita recuperata all'interno del rassicurante e patinato mondo dell'Arte. Nulla di più pericoloso per chi ama davvero la vita.


Vitaldo Conte, Helena Velena, Antonio Saccoccio
(Roma, Accademia di Belle Arti, 06/10/2013)



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