LIBERI DALLA FORMA

IL PRIMO BLOG NET-FUTURISTA

venerdì, maggio 31, 2013

La vittoria dell'astensionismo e i sei limiti del M5S

Elezioni comunali 2013, vediamo com'è andata a finire. I partiti di centro-destra e centro-sinistra urlano all’unisono: l’unico dato significativo è il crollo del M5S. In realtà, se è vero che il M5S subisce una notevole battuta d’arresto, l’unico dato significativo appare un altro: il crollo della partecipazione al voto. In queste elezioni ci sono tanti sconfitti e un solo vincitore: l’astensione. I dati sono incontrovertibili. Basti soltanto pensare che in grandi regioni come il Lazio, l’Emilia-Romagna e la Toscana l’affluenza è scesa del 20% rispetto alle precedenti elezioni. A Roma siamo in pratica al pareggio tra votanti e astenuti. Quindi, a 3 mesi dalle elezioni politiche (che già avevano sancito la vittoria dell’astensionismo), la popolazione ha preso ancor più le distanze dalla politica dei partiti. Colpa certamente dell’accordo post-elettorale tra pd e pdl, che ha tenuto a casa chi vedeva nelle elezioni il motivo per votare a favore e soprattutto contro l’avversario politico. Ma tutto conferma una tendenza che è in atto da anni: la presa di distanza dalle istituzioni e dalla politica parlamentare a favore di aggregazioni comunitarie spontanee e non gerarchizzate.
Un discorso a parte merita l’arretramento dei consensi per il M5S. Qui le motivazioni possono essere molteplici. Le elenco e discuto in ordine di importanza:
  1. La mancanza di una chiara visione politica nel M5S, Grillo incluso. Questo deficit è venuto alla luce in modo troppo evidente nel momento in cui i neoeletti pentastellati hanno preso posto in Parlamento. In pochissimi hanno mostrato di possedere una precisa visione del mondo. E la politica non si può fare se non sai quale mondo c’è stato, quale mondo c’è oggi, quale mondo vuoi per il domani. Il programma del M5S non può essere rivoluzionario perché non si può fare la rivoluzione se non sai cosa vuoi davvero per il futuro e se ciò che vuoi per il futuro non è radicalmente in contrasto con ciò che c’è oggi. Che i politici non debbano prendere i rimborsi elettorali non è una visione del mondo. Essere per la raccolta differenziata dei rifiuti non è una visione del mondo. Queste (e altre) possono essere singole proposte, tutte frutto di una determinata ampia visione del mondo. Che manca purtroppo. Lo ribadisco: essere post-ideologici è corretto (ed è la storia che va in quella direzione per fortuna), ma essere contro qualsiasi idea politica organica è contrario al fare stesso politica. Il M5S è una delle prime manifestazioni di quella che può chiamarsi “post-democrazia delle reti” o “retarchia”, e su questo dovrà costruire la sua visione del mondo. Sprovvisti di questa consapevolezza, i poveri deputati e senatori grillini si sono lasciati fagocitare da un sistema che è strutturato esattamente sulle logiche di potere che i pentastellati (in teoria) dovrebbero demolire. Perché è accaduto questo? Perché per superare il nemico devi essere più forte e consapevole di lui. Non basta pensare di avere ragione, bisogna dimostrarlo ogni istante con convinzione e argomentazioni. Con una visione del mondo alternativa a quella oggi dominante. Parte di questa 
  2. Il fattore Grillo. La maggior parte dei voti ottenuti alle politiche erano arrivati seguendo le incendiarie esternazioni di Grillo. Se Grillo non scende in campo con quella stessa forza e continuità, gran parte dell’elettorato resta a casa. Questo è il chiaro risultato di un movimento a due teste: da una parte l’accentramento leaderistico nella figura di Grillo, dall’altra l’attivismo dei vari meet-up locali. L’aspetto davvero nuovo è la rinnovata partecipazione politica a livello locale, ma gran parte dei voti arrivano ancora grazie alla leadership old style di Grillo. Com’è normale che sia in una fase di transizione epocale come quella che stiamo vivendo: dalla piramide alle reti. Un buon 40-50% dei voti avuti alle precedenti elezioni dipendono direttamente dalla capacità di Grillo di rispondere (in quel preciso momento, che non è detto ricapiti un’altra volta) alle aspettative di una parte dell’elettorato. Questi voti dati alla persona Grillo sembrano in gran parte evaporati dopo soli 3 mesi.
  3. Né al governo, né contro il governo. Il non-accordo con il PD era strategicamente corretto: si doveva continuare ad essere contro il sistema dei partiti. Ma, essendo entrati in Parlamento, mettersi da soli all’opposizione poteva essere vincente solo per poi fare un’opposizione brillante e chiassosa. Nei primi tre mesi, invece, i risultati dell’opposizione del M5S sono stati scarsi e opachi. Niente di eclatante, e soprattutto molto meno di quello che faceva il M5S fuori dal Parlamento. Grillo ha ritenuto pericolosissimo fare un governo con il PD, probabilmente perché ha visto l’impreparazione generale delle sue truppe. Ma non ha fatto bene i conti, perché l’impreparazione era destinata ad emergere anche non entrando direttamente nel governo. Fatto sta che parte degli italiani ha percepito come inutile la presenza parlamentare grillina: non pervenuti né al governo, né all’opposizione. Persino gesti derivati da ottime e nobili intenzioni (tra tutte la famigerata rendicontazione delle spese di viaggi, pranzi, merende, etc.) è sembrata alla lunga ingenua e velleitaria, perché non accompagnata da altre iniziative politiche più consistenti. Una soluzione a questo tipo di problemi sarebbe possibile se Grillo e i grillini comprendessero che per attaccare più agevolmente il sistema non si deve perdere di vista l'ottica anti-parlamentare e post-parlamentare. Su questo punto si giocherà gran parte del futuro del M5S.
  4. La mancanza di una cultura d’avanguardia. Il M5S è un movimento che mette in discussione lo status quo. Ma il M5S non ha capito che le istituzioni tendono a funzionare come ambienti totalitari, a cui, una volta al loro interno, bisogna adattarsi. L’unica possibilità di entrare in queste istituzioni senza esserne assorbiti e quindi neutralizzati è capirne perfettamente i meccanismi che ne regolano il funzionamento e sabotarli. Per questo solo un’avanguardia ha qualche possibilità di entrare in Parlamento e detournarne le impalcature. Chi non ha nel dna le visioni e le pratiche delle avanguardie è destinato a fallire ogni qual volta prenda di mira un’istituzione statale. Solo l’avanguardia fa davvero male al sistema dominante, il resto è solletico. Tant’è che – si noti bene perché questo è davvero fondamentale – la cultura d’avanguardia è l’unica ad essere integralmente censurata dallo Stato (ad es. tutte le scuole/università e tutti i media di massa). E lo stesso Grillo viene ripreso tranquillamente da tv o giornali, fino a quando non si inventa qualcosa d’avanguardia (raramente purtroppo, perché non è quella la sua cultura): allora scatta la censura totale o la falsificazione.
  5. L’assenza di abili oratori in grado di infiammare la popolazione. Escluso Grillo, non ci sono persone in grado di improvvisare un discorso a braccio seguendo ciò che comandano cuore e cervello. Abbiamo tutti presente l’immagine di parlamentari pentastellati che leggono con imbarazzo i loro interventi alle Camere con occhi chini su fogli di carta. Così si dimostra di avere una marcia in meno, non certo in più. La cultura che viene dalla rete, per giunta, è una cultura che è, seppure in modo nuovissimo, orale. Una delle prime mosse sarà, quindi, quella di trovare almeno capigruppo al Senato e alla Camera che non siano anonimi e scialbi come gli attuali.
  6. La trasparenza che diventa micro-burocratizzazione. Dal Parlamento ai meet-up locali si registra una pericolosa tendenza: cercare di arrivare alla trasparenza attraverso una gestione burocratica di ogni aspetto del movimento (le rendicontazioni, le presenze, le votazioni online, etc.). Ciò non solo è profondamente contrario alla fluidità di cui necessitano le aggregazioni di rete, ma: a) impedisce la rapida evoluzione del movimento, in una fase in cui c’è assoluto bisogno di idee acute e individui capaci; b) allontana rapidamente le persone più brillanti, notoriamente allergiche a qualsiasi lungaggine e perdita di tempo.


Nonostante queste debolezze, il M5S resta oggi l’unica possibilità per contrastare chi detiene il potere e lo gestisce in modo tanto scriteriato. I punti a suo favore sono ancora moltissimi: l’aver riattivato la partecipazione attiva dei cittadini; l’essersi posto con chiarezza su una dimensione post-ideologica; l’aver sfruttato le potenzialità dei nuovi media partecipativi; l’aver portato concretamente un’esigenza diffusa di pulizia e onestà; l’essersi posta come dimensione concreta e attiva di quell’antipolitica che spesso può degenerare in paralisi; l’aver portato una critica decisa all’Europa della finanza; l’aver demolito la patetica e spesso criminale figura del politico-star; la volontà della maggioranza dei pentastellati di darsi da fare per il bene comune e non per i propri interessi e le proprie carriere. 

Antonio Saccoccio

Etichette: , , , , , , , , , , , ,